Epicuro, filosofo greco antico, discepolo dello scettico democriteo Nausifane, è fondatore di una delle maggiori scuole di pensiero filosofico dell’età ellenistica e romana, l’epicureismo, diffusosi dal IV secolo a.C fino al II secolo d.C .
Nasce nel 342 a.C sotto l’arcontato di Sosigene, sull’isola di Samo, dal padre Neocle e dalla madre Cherestrata. A trentadue anni fonda la sua scuola, prima a Mitilene e Lampsaco e infine nel 306 a.C. ad Atene. Muore ad Atene nel secondo anno della 127esima Olimpiade sotto l’arcontato di Pitarato.
Pochissimi sono i frammenti dell’opera di Epicuro: secondo la testimonianza di Diogene Laerzio, che ci fornisce un elenco delle sue opere, si tratta di trattati di alto livello scientifico che affrontavano lo studio della natura: Degli Atomi e del vuoto e Della Natura sono gli esempi più significativi.
Quello che ci resta sono tre lettere e svariate raccolte di frammenti. Tutto ciò che possediamo lo dobbiamo all’opera di raccolta di Diogene Laerzio che nel suo Vite e dottrine dei filosofi illustri include citazioni, aforismi e le tre epistole dottrinali complete.
Il poema latino De Rerum Natura di Lucrezio ci restituisce un’immagine completa della dottrina epicurea. La fisica epicurea si basa sulla teoria atomistica secondo cui l’entità fondamentale della materia, l’atomo, esiste da sempre. La novità introdotta da Epicuro rispetto a Leucippo sta però nel fatto che egli non considera più la forma degli atomi ma il loro peso.
Nell’etica Epicuro riprende l’edonismo dei Cirenaici ma mentre per questi il piacere è dinamicamente inteso come continua ricerca, per Epicuro è statico, assicurato dalla eliminazione del dolore.
Per Epicuro la filosofia ha in primo luogo una funzione terapeutica: «Vana è la parola del filosofo se non allevia qualche sofferenza umana», recita uno dei suoi massimi aforismi. Essa è articolata in tre parti: dottrina della conoscenza, fisica ed etica. La dottrina epicurea della conoscenza ha il suo punto di partenza nelle percezioni sensibili e il ripetersi di rappresentazioni sensibili evidenti tra loro dà luogo ai concetti generali o prolessi, anticipazioni.
Il filosofo inoltre propone un tetrafarmaco che libera l’uomo dalle sue quattro paure fondamentali: paura degli dei, della morte, mancanza del piacere e dolore fisico. Secondo Epicuro è inutile avere paura degli dei in quanto essi non si interessano delle faccende umane mentre la paura della morte è fittizia in quanto quando noi ci siamo ella non c’è e viceversa.
Epicuro venne screditato dalle scuole rivali, in primis dai platonici, e poi dai cristiani, a causa del suo materialismo e della teoria del piacere; saranno il Rinascimento umanistico, tranne le correnti neoplatoniche, e l’abate Pierre Gassendi nel XVII secolo a rivalutare il suo pensiero.
L’epicureismo fu poi stimato anche da vari intellettuali dell’illuminismo, come il barone d’Holbach, e in epoca successiva da Ugo Foscolo, Giacomo Leopardi, Percy Bysshe Shelley, Arthur Schopenhauer, Friedric Nietzsche, Emil Cioran.

Francesca Ricciuti
Abruzzese, classe '85. Laureata con lode in Filologia Classica presso la Sapienza di Roma. Da sempre appassionata delle lingue classiche, ha insegnato sia privatamente che a scuola.