Noir, romanzo nero, thriller, giallo, poliziesco, cronaca nera sono tutte scritture che presentano numerose coincidenze: dalla presenza di cadaveri alle ambientazioni realistiche. Un genere che ha partorito numerosi romanzi e racconti – che hanno incontrato una sempre maggiore diffusione – e che genera, in chi legge, una costante quanto contraddittoria tensione tra il desiderio di distogliersene, di allontanarvisi, sentendolo come altro da sé e l’attrazione che esercita. Nato come genere narrativo negli anni ’20 del Novecento, il filone tuttavia affonda le sue radici ben più indietro nel tempo. In quanto modalità incentrata sulla presenza del Male, procede di pari passo con la storia dell’uomo, tanto da essere presentato come motivo centrale nel teatro classico dell’antichità; il “nero” al fondo della nostra anima percorre poi tutta la letteratura moderna arrivando, quindi, fino ai nostri giorni. È dunque una presenza costante nella vita dell’uomo, che lo costringe ad avere a che fare con la parte oscura che alberga in ognuno. Da questo punto di vista, l’esplorazione della zona oscura – quella più reietta della psiche, in cui si nascondono angosce, paure e impulsi raccapriccianti – è una delle espressioni più tipiche del Romanticismo ed è proprio qui che trovano posto i maggiori fautori del genere: da Horace Walpole, con Il castello di Otranto, ad Ann Radcliffe; da Mary Shelley, con Frankenstein, al Melmoth l’errante di Charles Robert Maturin. Ma il genere fitto di mistero e che si concentra sul terrore toccherà i massimi livelli con Edgar Allan Poe.
Nato a Boston nel 1809, la sua sarà già una giovinezza tormentata e inquieta, condotta tra gioco e alcol (dal quale sarà sempre oppresso), disordine e ribellione, al punto da incarnare e anticipare quella figura di “poeta maledetto” che gli varrà l’ammirazione di Charles Baudelaire, al quale Poe deve la fama, guadagnata in Europa attraverso la traduzione che ne fece dei Racconti straordinari. Sebbene i suoi scritti – pubblicati su vari periodici – riscontrassero giudizi favorevoli, Poe fu sempre spinto a coltivare la scrittura dalla necessità economica e la sua inquietudine si ravvisa persino nel molteplice avvicendarsi di riviste di cui fu direttore. Autore di poesie e racconti, scritti critici, oltre che di romanzi avventurosi come Gordon Pym – che sarà d’ispirazione ad Herman Melville – le sue narrazioni sono dominate da atmosfere alterate, visionarie, fitte di mistero e rese attraverso espedienti narrativi che ne accrescono il macabro e il terrorifico. Con I delitti della Via Morgue e L’assassinio di Marie Roget creò anche un nuovo genere, quello poliziesco, basato su un delitto e su un investigatore che ne ricerca il responsabile. Come molti dei suoi personaggi era psicologicamente tormentato e la morte di sua moglie fu un trauma ulteriore che lasciò traccia in uno dei suoi racconti, La rovina della casa degli Usher, in cui il rapporto dei due protagonisti sembra simboleggiare quello tra l’autore e Virginia.
Anche la fine di Poe sarà avvolta nel mistero: morirà nel 1849 a Baltimora, per qualcuno a causa delle complicazioni derivanti da un attacco di “delirium tremens”, secondo altri per “cooping” (una pratica in voga a quei tempi, per cui si forzava la vittima – nel periodo elettorale – a votare più volte un certo candidato, facendogli assumere alcol), per altri ancora a causa del colera o della rabbia. Si spegnerà a soli 40 anni e, come spesso avviene, il suo valore letterario sarà riconosciuto solo in seguito.

Monica Di Martino
Laureata in Lettere e laureanda in Filosofia, insegna Italiano negli Istituti di Istruzione Secondaria. Interessata a tutto ciò che "illumina" la mente, ama dedicarsi a questa "curiosa attività" che è la scrittura. Approda al giornalismo dopo un periodo speso nell'editoria.