Da secoli la storia dell’arte celebra l’evento della nascita di Gesù: tale tema è infatti presente nelle raffigurazioni artistiche già a partire dal IV secolo d.C. Ma da dove ha origine il Natale e perché si festeggia proprio il 25 dicembre? È il cristianesimo ad aver istituito questa data, in cui si ricorda la nascita di Gesù Bambino a Betlemme, avvenuta dopo nove mesi dall’annuncio dell’Arcangelo Gabriele (il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione), così come tramandato dai Vangeli secondo Luca e Matteo. Tuttavia, la ricorrenza del Natale entrò nel calendario cristiano piuttosto tardi, con l’imperatore Costantino, esattamente nel 354 d.C. Nei primi secoli, infatti, i cristiani non avevano altra festa che la Pasqua, nota come “Giorno del Sole” perché ricordava la resurrezione di Cristo.
La storia dell’arte, come sempre, si è fatta interprete della cultura, delle tradizioni e degli accadimenti che hanno segnato l’evolversi dell’umanità, cambiando assieme ad essa e fornendoci di volta in volta un riassunto figurativo delle tendenze attuali. Il Natale non fa alcuna eccezione e numerose sono state – nel corso dei secoli – le opere dedicate a tale tematica, realizzate grazie ai particolari tramandati dalle fonti. Se l’annuncio dell’Arcangelo Gabriele, la deposizione nella mangiatoia, l’adorazione dei pastori e la visita dei Magi provengono direttamente dai Vangeli di Luca e Matteo, altri dettagli imprescindibili in opere dedicate alla Natività – quali la grotta, la stella cometa, il bue e l’asinello – risalgono invece a tradizioni successive e a racconti presenti nei Vangeli apocrifi. Quel che è certo, in ogni caso, è che la scena della Natività di Gesù nella storia dell’arte – dal Medioevo al Rinascimento, dal Barocco all’arte contemporanea – è quella più dolce e tenera, più densa di significati e simboli iconografici.
Partendo dal Medioevo, impossibile non citare la Natività di Gesù dipinta da Giotto (1267 ca. – 1337) nel 1305 e facente parte dell’apparato decorativo della Cappella degli Scrovegni a Padova. La scena si svolge in un realistico paesaggio, scarno e roccioso, e raffigura la Vergine Maria pochi istanti dopo la nascita di Gesù Bambino. Dal loro gioco di sguardi trapela una solenne intimità, per nulla oltraggiata né dalla presenza degli angeli che celebrano estaticamente la nascita del figlio di Dio, né dai pastori assorti in contemplazione, né tantomeno dalla discreta figura di San Giuseppe, che riposa in un cantuccio accanto agli animali, unica fonte di calore.

Con Piero della Francesca (1416 – 1492) e la sua Natività, realizzata fra il 1470 e il 1475, facciamo un salto nel Rinascimento. I personaggi sono colti in atteggiamenti solenni e composti, improntati a un solido equilibrio geometrico, come tipico dello stile di questo maestro, che nella sua ultima fase artistica subì l’influenza dall’arte fiamminga. Molti sono gli elementi presenti nell’opera che rimandano a suddetta corrente artistica: l’orizzonte rialzato, la fisionomia gracile del Bambino, la visione particolareggiata della realtà. Il gruppo di cinque angeli cantori con liuti costituiscono il fulcro della scena e fanno da sfondo alla Vergine, colta in adorazione del Bambino. Sulla destra, San Giuseppe viene raffigurato seduto con naturalezza mentre discorre con i due pastori alle sue spalle.

Di grande pregio anche la Natività Mistica di Sandro Botticelli (1445 – 1510), datata 1501, ritenuta con ogni probabilità l’ultimo capolavoro dell’artista. Il quadro rispecchia la profonda crisi religiosa e personale dell’artista, ma anche del suo tempo e della sua città, Firenze, ed è percorsa da una forte valenza simbolica e visionaria. Sebbene il soggetto della tela sia piuttosto tradizionale, con la Sacra Famiglia al centro della rappresentazione, il resto della composizione sfugge all’iconografia classica: inusuale è infatti la scena dell’abbraccio tra gli angeli e gli uomini rappresentato nella parte bassa della tela, che simboleggerebbe l’avvenuta riconciliazione fra umano e divino.

Nel Seicento, uno dei migliori esempi di opere dedicate alla medesima tematica è quella firmata da Caravaggio (1571 – 1610), il quale ne fornisce un’interpretazione fortemente umana, realistica e intensa. La sua Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi, anticamente conservata presso l’Oratorio di San Lorenzo a Palermo (e poi trafugata la notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969), lascia trapelare l’amore materno di Maria, raffigurata con le sembianze di una donna umile, comune. Stremata dal parto e con un aspetto estremamente malinconico, sembra presagire il destino del Figlio, posto sopra un piccolo giaciglio di paglia.

Nell’arte contemporanea, il soggetto della Natività è stato trattato, fra gli altri, da Paul Gauguin (1848 – 1903), con un dipinto che si qualifica quale uno dei numerosi riferimenti religiosi tipici della produzione di questo artista. Realizzato nel 1896, Te Tamari no Atua è anche conosciuto come La nascita di Cristo, figlio di Dio. Qui la Madonna è raffigurata con i tratti di una donna tahitiana e ha la testa circondata da un’aureola, proprio come quella del Figlio appena nato, tenuto in braccio da una balia e protetto da un figura simil-alata; sullo sfondo, una stalla con dei bovini, evidente richiamo alle più classiche rappresentazioni del presepe. La scena, pregna di senso cristiano e religioso, contiene anche un riferimento a un’esperienza intima del pittore, che nel 1896 ebbe un figlio da una donna tahitiana, il quale tuttavia morì prematuramente. Quest’ultimo particolare viene sottolineato dal copricapo nero indossato dalla balia, che nel dipinto tiene fra le braccia il nascituro.

In questo breve ma intenso “excursus” nella storia dell’arte emerge con chiarezza come il soggetto della Natività abbia costantemente giocato un ruolo da protagonista, seppur affrontato di volta in volta sotto chiavi di lettura diverse. Ciascun artista, infatti, influenzato dalle idee estetiche di un particolare momento storico, dai costumi sociali di ogni regione, dalla propria sensibilità e dalle richieste dei committenti, ha riflettuto la sua visione e la sua personalità nei rispettivi lavori creati, dando vita a queste ed altre importanti testimonianze artistiche dedicate al tema della Natività, che ora fanno parte, a tutti gli effetti, dei capolavori di ogni tempo.

Martina Scavone
Nata a Roma, classe ‘93. Si è laureata all’Università di Roma Tor Vergata: triennale in Beni Culturali e magistrale in Storia dell’Arte. Dopo un Master di II livello in Gestione dei Beni Culturali, ha iniziato a lavorare attivamente come curatrice e storica dell'arte. Ama leggere, viaggiare e l’arte in tutte le sue sfaccettature.