Tra le molte opere di Michelangelo Merisi, meglio noto come Caravaggio (1571-1610), il dipinto I Musici – realizzato nel 1597 e custodito oggi al Metropolitan Museum di New York – ricopre un ruolo importante nella vicenda biografica dell’artista stesso.

Questo dipinto, infatti, figurava all’interno della collezione romana del Cardinale Francesco Maria Del Monte, come si può evincere dall’inventario redatto subito dopo la morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1626. La figura del Cardinale Del Monte si inserisce all’interno della schiera di protettori e committenti per cui Caravaggio prestò servizio nel corso dei suoi spostamenti in Italia. In particolare, entrò in contatto con il Cardinale verso la fine del Cinquecento. Grazie all’ambiente colto e alla personalità intraprendente del prelato, l’ambiente romano si aprì a Caravaggio nella sua ricchezza e nella sua vasta rete di conoscenze. Basta ricordare, difatti, che è proprio sotto il Cardinale Del Monte che Caravaggio realizza – tra il 1599 e il 1600 – alcune tra le sue opere più celebri: La vocazione di San Matteo, San Matteo e l’Angelo e Il Martirio di San Matteo, come decorazione della Cappella Contarelli nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma.



Già queste tele fanno presagire un’evoluzione all’interno della pittura caravaggesca che, da soggetti della vita reale, motivi basso-materiali (vedi la Buona Ventura) e immagini di formato medio, raggiunge il tema del soggetto religioso donandogli maestosità, senza abbandonare la predilezione per la scelta di tipologie umane reali, non idealizzate, colte nella veridicità dell’azione.

L’opera I Musici, invece, appartiene ancora a un momento in cui Caravaggio non si stava confrontando con questo genere di tematiche. Risulta interessante notare come molto probabilmente Caravaggio stesso, per la realizzazione di quest’opera, poteva avere osservato due dipinti precedenti e analoghi del Pordenone (Giovanni de’ Sacchis) conservate presso collezioni romane.
Osservando ora nel dettaglio la tela del Caravaggio possiamo desumerne gli aspetti significativi. Il dipinto si inserisce alla perfezione nella tradizione caravaggesca. Si tratta di fatti di un soggetto preso a mezzo busto; le figure dei giovani musici occupano quasi interamente lo spazio figurato. Notevole è anche il personaggio sulla destra, che dona le spalle allo spettatore. Questo tipo di composizione era molto comune nelle scene dipinte da Caravaggio. Ciò era un espediente sfruttato per permettere un coinvolgimento maggiore da parte dell’osservatore che, così, entrava maggiormente nella scena stessa. Può essere concepito come un invito a lasciarsi accogliere all’interno della tela.

Un uso similare di questo tipo di figura di schiena lo possiamo vedere anche in altri dipinti, quali, ad esempio, I bari (1594) e Il riposo durante la fuga in Egitto.

Continuando nell’analisi dell’opera, vediamo che i suonatori sono vestiti con abiti all’antica. Il personaggio centrale, con un manto rosso, sta accordando il liuto mentre sulla destra il componente di schiena sta leggendo uno spartito. Nella parte inferiore del dipinto notiamo ulteriori riferimenti al mondo della musica, un violino e altri spartiti musicali. Molto curiosa è, poi, l’immagine del personaggio sullo sfondo, che osserva lo spettatore: è stato suggerito dalla critica che si possa trattare effettivamente di un autoritratto di Caravaggio stesso. Quest’ipotesi può essere plausibile in quanto anche altre sue opere presentano suoi autoritratti attraverso i quali il pittore stesso si rende partecipe, anche emotivamente, delle vicissitudini rappresentate sulle tele.
Da un punto di vista iconografico si può pensare che I Musici rappresenti effettivamente un concerto di giovani uomini e che quindi sia da leggere del tutto in chiave naturalistica. Ad avvalorare questa tesi, si può fare riferimento, ad esempio, al fatto che presso il Cardinale Del Monte venivano spesso organizzati concerti di questo genere, essendo egli stesso un cultore dell’arte musicale. Ma, in realtà, vi sono degli indizi che fanno invece pensare al dipinto come a una vera e propria allegoria della Musica associata all’Amore: a ciò fanno riferimento innanzitutto gli abiti dei protagonisti, vestiti all’antica; consideriamo poi l’ultimo componente del gruppo, Cupido, seduto con aria dimessa nella parte sinistra dell’opera (lo riconosciamo a causa delle ali e della faretra recante le frecce); infine, nella parte inferiore, notiamo un grappolo d’uva. Questo insieme di simboli vanno letti quindi in comunicazione tra loro.

Un ultimo riferimento per comprendere maggiormente la genesi del lavoro caravaggesco è quello al suo apprendistato presso la bottega di Simone Peterzano, il quale si cimentava spesso col tema raffigurato nel dipinto Concerto, della metà del Cinquecento. Sebbene le figure scelte da Peterzano siano del tutto diverse da quelle di Caravaggio, possiamo notare come il tipo di composizione sia lo stesso. Il gruppo di fanciulli si sostituisce in Caravaggio alle figure dei due uomini e alla figura femminile centrale. Rimane invariata la presenza di Cupido. È bene sottolineare che lo stesso soggetto era molto comune anche nella pittura veneta e più in generale in quella settentrionale.
Da questa analisi, che muove dall’interpretazione di un singolo capolavoro di Caravaggio, abbiamo quindi tratto alcuni punti fondamentali per la comprensione più vasta dell’opera del pittore stesso. Soprattutto il confronto finale con l’opera di Peterzano è stato utile per comprendere in che modo figure idealizzate e immobili siano abbandonate da Caravaggio, il quale predilige, invece, modelli presi dalla vita reale, scegliendo possibilmente volti e corpi di uomini, donne e fanciulli visti tra le vie povere della città di Roma, regalando così un profilo del tutto nuovo anche all’allegoria.

Ana Maria Sanfilippo
Classe ’96, risiede in Friuli-Venezia Giulia. Laureata presso l’Università degli Studi di Udine in Conservazione dei Beni Culturali, Studi italo-francesi, si sta specializzando in Arts, Museology and Curatorship a Bologna, dove sta frequentando l’ultimo anno della magistrale. Ha partecipato all’organizzazione della mostra digitale “Trasmissione”, di cui ha co-curato anche il catalogo. Ama la letteratura, l’arte e lo studio delle lingue straniere.