ArtePrimo PianoI Luoghi dell’Immaginario: lo studio di Arianna De Nicola

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«E se Eraclito e Parmenide
avessero ragione contemporaneamente
e due mondi esistessero affiancati
uno tranquillo, l’altro folle; una freccia
scocca immemore, e l’altra indulgente
la osserva; lo stesso flutto si frange e non si frange,
gli animali nascono e muoiono nello stesso istante,
le foglie di betulla giocano con il vento e al contempo
si struggono in una crudele fiamma rugginosa.
La lava uccide e serba, il cuore batte e viene colpito,
c’era la guerra, la guerra non c’era»

Adam Zagajewski, Lava, Dalla vita degli oggetti. Poesie 1983-2005

 

Un’immersione nel bianco catturato dalle pareti, dagli oggetti e dall’intensità riflessiva, conquista lo sguardo entrando nello studio di Arianna De Nicola, presso /Ombrelloni Art Space, nel quartiere romano di San Lorenzo.

La ricerca di Arianna De Nicola è un procedere incessante e continuo nello scandaglio delle dinamiche interne più latenti e profonde del limite, tra “physis” e “archè”, tra principio immateriale e natura corporea, che l’artista interroga e percorre lungo nuove indeterminazioni, trasformate e rievocate in un avvicinamento estremo.

Arianna De Nicola, Togheder IV, ceramica, filo, 25 X 5 X 3 cm, 2018 – 2020

Tra principio generativo e realtà connotativa della materia, ogni volta ridefinita in nuove modalità conoscitive e nuovi superamenti di linee di confine, l’artista unisce ordini singoli in costellazioni di forme coessenziali, semanticamente reciproche, ma liberamente separabili in una sineddoche visiva.

La poetica dell’artista emerge dalla diatriba armonica tra delimitato e illimitato, nella visione Pitagorica in dialogo con il “senza limite” di Anassimandro, condizione aprioristica e principio fondamentale riconducibile alla dimensione spazio-temporale, agli equilibri relazionali tra individui, alla determinazione radicale del sé e alla possibilità di abbattimento e superamento della sua immobilità e definizione.

Arianna De Nicola, How you change II (Frammanto/Muta), installazione, ceramica,19 x 7 x 3 cm, 2019

Dall’argilla arsa, forme biomorfiche dalla superficie candida e leggera serbano il fondo di una memoria sussurrante, eternata nel fuoco della cottura, per poi essere affidata di nuovo alla moltitudine di frammenti liminali, in una riflessione gnoseologica sulla costruzione, l’attraversamento e il vacillamento della dimensione confinaria, estesa in una progressiva trasformabilità e incidenza sostanziale, in un legame disteso fino alla possibile rottura.

Arianna De Nicola, Il giardino che non c’è, insieme, ceramica smaltata, dimensioni variabili, 2018, photo Daniele Santi

Dall’aprirsi improvviso in un’impressione intensiva e luminescente, il bianco tinge i lavori ceramici, racchiudendo ogni tonalità coloristica e accentuando le sfumature più tenui che si evidenziano nel contrasto della luce battente e dell’ombra che ne avvolge il volume.

La materia ceramica, lavorata con attenta perizia e accurata finezza, rimane aperta alla sua natura minerale sedimentata e trasportata lungo i corsi d’acqua lacustri o marini, conservando un riverbero acustico e una transcodifica formale, percorsa da una tensione frammentata e una linearità ritmica costante, segno di una espressività aperta alla vibrazione, a volte regolata e composta nell’inflessione e nella ricerca di onde sonore provocate da un atto collisivo.

Arianna De Nicola, Il suono del limite, audio installation,  ceramica smaltata, dimensioni variabili, 16 Civico, Pescara, 2019, photo Roberta Verzella

Nell’installazione Il suono del limite, esposta nel 2019 presso lo spazio indipendente 16 Civico di Pescara, gli elementi ceramici compongono un arcipelago di sovrapposizioni e contiguità fissate in atti generativi e distruttivi, affidati al caso, all’inaspettato, all’incontro e all’urto tra fragilità non celate, indagate come metafore relazionali.

Tra i muri di un contesto abitativo, l’azione di congiungimento tra identità materiali è un’alternante sfida e inevitabile esplorazione trasformativa condensata nell’incontro e nel possibile impatto lesivo di ogni singolarità, commista in un insieme.

I corpi saldi e fragili della ceramica sono scossi dall’urto reciproco dell’azione performativa di Arianna De Nicola nel momento installativo e accidentalmente ondulati durante l’esposizione, turbandone la stabilità e rendendola prossima alla frattura, mentre il suono, tremante e tintinnante, si impone come modello armonico esteso fino alla linea più estrema.

Arianna De Nicola, Fermo Mobile, audio installation, ceramica smaltata, Fourteen ArTellaro, Tellaro (La Spezia), 2019, photo Andrea Luporini

L’audio installazione “site specific” per Fourteen ArTellaro, Fermo/Mobile, si lega alla personale Il suono del limite: nell’immobilità materica dell’esposizione, la vibrazione sonora dell’atto collisivo e della frattura evoca una oscillazione tangibile attraverso il senso uditivo, collegato alla realtà visuale che rimane immutata eppure si fa metafora di un momento trasformativo.

Arianna De Nicola, Fermo Mobile, audio installation, ceramica smaltata, dimensioni variabili, particolare dell’interno, ArTellaro,  Tellaro (La Spezia), 2019, photo Andrea Luporini

Nell’installazione Muta, presentata al Macro nel 2019, l’argilla cruda compone una genesi deflagrativa che collega un corpo matrice a particelle metastabili di materia: un sentiero di unione tra l’uno e il molteplice che si evidenzia come un irraggiamento lungo i bianchissimi fili.

Arianna De Nicola, Muta, ceramica, filo e calcestruzzo, Macro, Roma, 2019, photo Giovanni De Angelis

L’ineluttabilità del divenire – appartenente a ogni aspetto della realtà, a ogni elemento, corpo, individualità – culmina nella trasmigrazione dell’argilla dal corpo centrale, punto focale e asse principale del sistema diramativo, che ancora esercita la propria forza attrattiva e connettiva opponendosi e al contempo evidenziando l’infinità espansiva delle singole forme affastellate a terra, contribuendo nell’atto tensivo all’invisibile mutamento dell’ordinamento connettivo.

Arianna De Nicola, Muta, ceramica, filo e calcestruzzo,  Macro, Roma, 2019, photo Giovanni De Angelis

Ne Il giardino che non c’è l’artista decostruisce, trasfigura, riforma e rinnova la dimensione metaforica appartenente alla simbologia del giardino, come spazio conchiuso dello spirito, addomesticato e costruito in un equilibrio armonico.

Arianna De Nicola, Il giardino che non c’è, selvatico, installazione, ceramica smaltata, dimensioni variabili, Aratro, Galleria Gino Marotta, 2018

Luogo di crescita e coltivazione, idillio e beatitudine, nell’installazione di Arianna De Nicola il giardino è un’arcaica e primitiva terra perduta, ritrovata nell’essenzialità di una forma oggettuale e nella purezza iniziatica di tonalità monocrome, nel silenzio intimo di un percorso evocativo, che effonde una luce sospensiva di là dei margini del tempo, ma racchiusa nella sua materialità.

Nell’atto privativo di un rigoglio vegetativo l’artista conduce a un assestamento sostanziale e revisivo dell’archetipo del giardino, dall’”hortus” come ordine, all’essenzialità del vuoto come spazio risonante del tutto.

Nell’installazione e audio performance Deep del 2017 la profondità – come abisso o superficie penetrante e immersiva, o emersiva – intreccia e svela un mare aperto che risemantizza e oltrepassa il “limen” disgiuntivo, divenendo incursione nella tempesta, nelle oscurità più intime e difficili da sondare.

Arianna De Nicola, Deep/ map II, ceramica, filo, grafite su acetato, 47 x 33 cm, Fundaciòn Frax, Alicante, 2017

La frammentarietà e morbidezza di corpi ceramici è contrapposta al nero, spaventoso e ammaliante, metafora di un movimento ondoso e increspato che riecheggia e si ripercuote nel segreto suono di un’interiorità in transito, amplificata da tonalità acustiche calde e scure.

 

 

Nota biografica:

Arianna De Nicola nasce a Roma nel 1986, dove attualmente vive e lavora dopo aver trascorso circa dieci anni in Spagna. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Roma e la UMH – Universidad de Bellas Artes Miguel Hernández ad Alicante, in Spagna. La sua ricerca si concentra sull’analisi del limite e la sua capacità di suscitare, al tempo stesso, la volontà di superamento di quel confine e l’incertezza dovuta alla possibilità imminente di fallimento, facendo riferimento al desiderio e all’impulso dell’essere umano. L’indagine nasce dalla necessità di oltrepassare le barriere mentali che il contesto sociale trasmette e dal tentativo di svelare l’istinto, implicando così oltre il limite, tematiche come l’instabilità e il mutamento così come dell’essere anche della materia. Nel suo lavoro prevale il monocromatismo e l’assenza di colore, evidenziando un minimalismo materico. Muovendosi tra azioni performative, installazione, scultura, disegno e pittura, ad interessare l’artista sono le possibilità creative del limite in relazione al movimento, o meglio all’essere dell’essere umano nella società contemporanea e della materia, delle quali si propone di scoprire la de-costruzione e la trasformazione.
Tra le esposizioni più recenti, nel 2020 la collettiva Learn to fly al Moma di Roma. Nel 2019 realizza l’installazione site specific Muta al Museo d’Arte contemporanea di Roma. Realizza l’audio installazione site specific Fermo | Mobile nello spazio Fourteen ArTellaro, a Tellaro (in provincia di La Spazia), durante la rassegna La superficie accidentata a cura di Gino D’Ugo. Precedentemente presenta l’audio installazione e l’installazione performativa Il suono del limite durante la mostra personale a cura di Maila Buglioni nello spazio 16 Civico a Pescara, a cura di Christian Ciampoli. Nel 2018 ha realizzato la personale Il giardino che non c’è, a cura di Lorenzo Canova e Piernicola Maria Di Iorio, ad Aratro – Galleria Gino Marotta – Università del Molise, dove è invitata a partecipare anche a FAMU – Giornata Nazionale delle famiglie al museo, con un progetto realizzato insieme al Giardino della flora appenninica di Capracotta.

Nicoletta Provenzano

Nata a Roma, storica dell’arte e curatrice. Affascinata dalle ricerche multidisciplinari e dal dialogo creativo con gli artisti, ha scritto e curato cataloghi e mostre, in collaborazione con professionisti del settore nell’ambito dell’arte contemporanea, del connubio arte-impresa e arte-scienza.