Dalle fiumare della terra di Calabria, dal lavorio lento dei corsi d’acqua, dal mare, dalle piogge e poi dal sole, dal restringimento dei bacini, dalla sabbia granulosa, da qui proviene la materia prima delle sculture di Giovanni Longo: legni trasformati ed intarsiati dal tempo e dagli agenti atmosferici, reliquie terrestri di sembianze vegetali che negli assemblaggi dell’artista assumono forma di ossature animali.
Piccoli segmenti, formati dall’incessante erosione degli elementi, andranno a comporre, nell’unione tra le singole parti e negli interventi di limatura, fragili architetture lignee, memorie di una terra e di una vita animale e vegetale che si compenetra in componimenti scheletrici.
Questi doni del mare, dai movimenti lenti o vorticosi della risacca, vengono immersi in uno studio progettuale attento e rigoroso che dà vita ai Fragile Skeletons iniziati da Giovanni Longo a partire dal 2005 in seno al proprio percorso accademico.
Nel legno, pregno di una vita che muta con l’ordine di natura e che non si distanzia dal viaggio impostole dal destino, si compongono le opere Migratore stanziale, These are not my legs, Stazioni di lancio, Twin Turtles.

Le sculture respirano della loro sincera essenzialità e si fanno forza delle proprie ferite e fenditure; incuranti di un trapasso che le vorrebbe supine, si ergono nella loro fragilissima verticalità, capaci di creare ancora ombre sulla terra che calpestiamo, in un confronto incalzante, ma anche giocoso, con strutture analoghe o materiali di tutt’altra durezza e deperibilità, che disputano sulla loro stabilità.


Le Twin Turtles, sovrapposte l’una sull’altra nel loro scudo dorsale, sono sagge e immortali abitatrici del Tartaro che, in un moto perpetuo e immaginario, danno vita ad un equilibrio cosmico, unendo insieme le simbologie di abisso primordiale, terra madre e fasi lunari.


L’opera si colloca in un tempo antico e conduce sino a noi mitologie e credi primitivi che hanno attraversato coralmente nelle diverse epoche il globo terrestre, in cui creature ctonie, replicantesi all’infinito, erano a sostegno e direzione dell’universo.
Nella loro identità di resti ossei, esse ci presentano un’idea di terra sempre più intesa come luogo arcaico in cui sopravvivono tracce labili di un regno ancestrale e incantatore.
Nella sperimentazione di altri linguaggi possibili, Giovanni Longo indaga un mondo diagrammatico e numerico, tracciando paesaggi dalla vivace cromia, portavoce di realtà luttuose e disperate nelle opere bidimensionali Economic landscapes series. I dati delle catastrofi di mortalità infantile, disoccupazione, carneficine, riguardanti diverse parti del mondo, prendono forma in sinuose colline o in picchi montuosi che tagliano lo scenario fendendo lo sguardo, dando presenza e concretezza visuale a realtà sottaciute o rimaste lontane e inespresse anche nella mente dell’individuo più attento. La natura si carica delle morti, dei disastri, dei dolori condivisi da singoli che divengono figura compatta e unitaria, superficie presente e percepibile dall’occhio umano.

Gli Economic landscapes rompono il silenzio di informazioni statistiche che giacciono su carte economiche asettiche e sterili, riportandole a una linea terrestre familiare e normalmente rassicurante, che si carica di un’inquietudine partecipata, testimoniante un accadimento ormai segnato nella linea della storia.
Nella sua poetica multiforme prendono vita installazioni video, elaborazioni algoritmiche provenienti dall’ambiente web che si confrontano con un’umanità in costante lotta con gli elementi residuali che ancora la contraddistinguono come tale.
Una realtà virtuale e onirica costituisce il progetto artistico Italian Dream, che, tramite una applicazione web, espone ad uno sguardo indiscreto le conversazioni intime di una chat, in un dialogo continuo intorno al vocabolo “sogno” o locuzioni relative.

Il sogno è presente come elemento di una realtà utopica e paralizzante, desiderio perseguibile e fieramente rincorso appartenente alla sfera erotica ed emozionale, traguardo da perseguire ed elemento di unione. Nella ripetizione ossessiva dei messaggi, la riproposizione delle asserzioni blocca il fruitore in una condizione statica e illusoria.
Immerso nella storia della propria terra e affascinato dalla figura mitica e controversa di Zeleuco, Giovanni Longo unisce una delle più antiche legislazioni scritte in ambito greco al test informatico CAPTCHA, atto a distinguere un utente umano da un computer. L’opera Zaleuco’s CAPTCHA si presenta come video installazione contenente un software che ripropone in modo casuale alcuni vocaboli presenti nel codice del legislatore di Locri Epizefirî.

Il testo, incredibilmente attuale per la definizione, salvaguardia e regolamentazione dei principi, dei comportamenti e dei rapporti sociali, viene dato al fruitore come prova interpretativa e momento autoriflessivo coscienzioso e critico. L’osservatore si interroga sulla propria essenza umana in un linguaggio ormai familiare che caratterizza la nostra interazione con l’interfaccia virtuale.
Uno degli ultimi lavori realizzati dall’artista, Kármán Line, porta il mondo scultoreo delle reliquie lignee ad una poetica installativa che agisce sul limitare di una definizione di confine e orizzonte immaginario.

La Linea astratta e ideale di Kármán divide l’atmosfera terrestre dallo spazio cosmico, posizionandosi convenzionalmente ad un’altitudine pari a 100 km sopra il livello del mare.
Longo nella sua Kármán Line compone una linea dorsale sotto cui respira il mondo, che ha per costato rami sottili carezzati dall’acqua salata del mare e intona un canto infinito, antico, odontoceto: una creatura che riempie l’abisso e la vastità cosmica, raccontando di un mito primigenio di cui conosce la storia.

Nel lavoro di Giovanni Longo ciò che emerge è una traccia, un disegno, la linea sottile che compone un progetto, una struttura scheletrica che si riattiva tanto nella materia porosa e vegetale del legno, quanto nelle griglie di numeri e grafici, nei codici binari e nei linguaggi informatici che compongono un paesaggio, una forma, un organismo autoportante, un progetto algoritmico. Ciò che ritorna è il solco profondo disegnato dal tempo, l’accadimento certo, passato, compiuto e consumato all’interno di un equilibrio di natura, di stati nazionali, di relazioni, di identità familiari, di desideri. L’artista percorre con precisione e chiarezza un orizzonte culturale all’interno di una storia personale e universale, intimamente legata alla terra e all’umanità.
Nota biografica:
Giovanni Longo (Locri, 1985) è uno scultore e artista visivo italiano. Nella sua ricerca sperimenta molteplici mezzi ponendo l’attenzione sulla capacità dei linguaggi di condizionare la narrazione. Dal 2005 si concentra sul legno di recupero con il quale, operando un parallelo tra elemento osseo e ligneo, rappresenta simbolici scheletri indeboliti dal tempo (Fragile Skeletons). Il suo lavoro non si impone sullo spazio ma è alla ricerca del dialogo con esso, trovando ideale connotazione nelle soluzioni “site-specific” (Works). È soprattutto la dimensione della casualità la costante del suo lavoro, aldilà del mezzo espressivo utilizzato. Questo diviene evidente nel recupero del legno, ma lo è ancor di più nelle recenti videoinstallazioni realizzate in linguaggio di programmazione Java o nei particolari allestimenti concepiti in luoghi spersonalizzanti come gli ascensori, i ponti e tutti quei luoghi “di transito”. Il tutto con l’obiettivo finale di riordinare gli elementi e i concetti che man mano vengono evidenziati.
Nel biennio 2009/2010 è selezionato in diversi premi internazionali: Arte Mondadori, Arte Laguna, Combat e vince il voto on-line nella sezione “installazione & scultura” al Premio Celeste per due anni consecutivi. Nel 2011 una sua opera viene esposta alla Tese di S. Cristoforo per il Padiglione Italia/Accademie alla 54^ Biennale di Venezia. Nel 2012 prende parte al workshop “Eurasia Wings”, nel quartiere artistico M50 a Shanghai. Negli anni successivi i suoi progetti sono protagonisti in diversi eventi internazionali: dal Kunstenfestival Watou in Belgio al progetto Wood Mood Valcucine a Londra, New York e Milano; dalla residenza a Grasse alla biennale Jeune Création Européenne in Francia, Polonia, Spagna e Danimarca. Nel 2016 il MARCA Museo delle Arti Catanzaro gli dedica la prima personale istituzionale, a cura di Marco Meneguzzo, accompagnata da una pubblicazione edita da Rubbettino. Dopo tre mesi di residenza a Parigi, presso gli atelier del dipartimento culturale di Montrouge, attualmente vive e lavora tra Roma e Reggio Calabria.

Nicoletta Provenzano
Nata a Roma, storica dell’arte e curatrice. Affascinata dalle ricerche multidisciplinari e dal dialogo creativo con gli artisti, ha scritto e curato cataloghi e mostre, in collaborazione con professionisti del settore nell’ambito dell’arte contemporanea, del connubio arte-impresa e arte-scienza.