ArtePrimo PianoCasa Vuota ospita la personale di Franco Cenci, “Il cielo in una casa”

Nicoletta Provenzano28 Maggio 2019
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Varcare lo spazio intimo di una casa è anzitutto un passaggio all’interno di un vivere protetto. Oltrepassare il cancello d’ingresso, il portone e salire la rampa delle scale ci immerge in un’atmosfera del tutto diversa da quella che si respira in uno spazio espositivo convenzionale. La familiarità dell’ambiente ha l’inconfondibile odore dell’autenticità, un’aria di confidenziale ospitalità e affabilità.

Casa Vuota non è uno luogo neutro, ma è intriso di racconti narrati ad ogni nuova esposizione che portano con sé inevitabilmente le storie racchiuse all’interno delle stanze, le memorie – presenti, ma indecifrabili – di ciò che caratterizzava il ritmo degli spazi, l’armonia dei gesti quotidiani che vi si compivano. Uno spazio che continua a racchiudere nei suoi brandelli di carte, nelle fessure, nei cretti disegnati, un tempo indefinito e sospeso, che invita ad oltrepassare la penombra e ad entrare.

Come se transitoria non fosse la vita, ma la sua interruzione, questi spazi vuoti attendono nuovi ospiti che portano vissuti, speranze, affezioni, relazioni: altre storie che la casa accoglie, se ne lascia attraversare per preservare al suo interno le tracce del passaggio di ognuno. Ogni luogo della casa viene ridefinito nella sua funzione per aprirsi a nuove visioni, a metamorfosi continue, lasciando aperte le porte ai costrutti, ai segreti, agli incanti e alle interiorità degli ospiti. Soggetta anch’essa ai principi di mutazione, la casa si modifica, si spella, non si oppone al tempo che la attraversa, creando ricordi e testimonianze da regalare ai visitatori, vecchi e nuovi, che la percorrono.

Il progetto nasce due anni fa da Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo, proprietari dello spazio e curatori delle mostre che vi trovano ospitalità. Lo spazio espositivo è un’operazione di politica culturale attuata dai due direttori artistici che unisce l’esterno all’interno, riflettendo sul senso dell’abitare che non si identifica nella mera occupazione di uno spazio, ma piuttosto coincide con un sentimento di affezione per qualcosa che ci corrisponde, un’esplorazione, conoscenza, ricostruzione e adattamento che porta alla consuetudine di un luogo.

Casa Vuota vive in unione e confronto con l’elemento temporale, alternando un senso nostalgico all’idea di mutazione e ridefinizione. Tra la carta da parati dai delicati glicini rosa e le ombre di cornici che un tempo esponevano quadri ormai perduti alla nostra vista, prendono corpo installazioni, disegni, pitture, fotografie. Molte sono le mostre che hanno vissuto questi spazi: la prima personale romana dell’artista Pierluca Cetera Gli Ospiti; I latitanti sono loro di Filippo Riniolo; la mostra collettiva Le muse del Quadraro; la personale di Massimo Ruiu Mar Nero; Termoclino Guidarello di Adriano Annino; Alberto Torres Hernández con la sua prima personale italiana Past Continuous; Isotta Bellomunno con la sua prima personale romana Da consumarsi preferibilmente entro; Ammazzami di Riccardo Mannelli; A destra, secondo piano di Natascia Abbattista, Mariantonietta Bagliato e Patrizia Piarulli, a cura di Santa Nastro.

In ultimo la personale di Franco Cenci, conclusasi il 26 maggio scorso, Il cielo in una casa.

Franco Cenci, Il cielo in una casa, 2019, photo di Antonio Giannetti

Cenci dedica un progetto site specific agli ambienti di questa casa, ribaltando i punti di vista, le prospettive, i riferimenti spaziali dell’osservatore, spinto ad assumere una visuale aerea, inusitata, immergendosi nel mondo immaginario dei temporanei nuovi abitanti: esseri mutati da una condizione antropomorfa ad una volatile che si celano alla vista, ma che lasciano interagire i propri ospiti con il mondo dei loro ricordi, dei ritratti, degli oggetti.

In un continuo alternarsi di riconoscimenti e ribaltamenti, Franco Cenci porta l’esterno, la natura, il quartiere, finanche il pianerottolo e le scale, all’interno della prima stanza espositiva, capovolgendo non solo il dentro con il fuori, ma rovesciando anche i riferimenti spaziali del sotto e del sopra.

Il cielo entra così negli spazi abitativi tradizionali, moltiplicando i nostri sguardi alla ricerca di contorni marcati dai rami su cui sono appese immagini, carte e cimeli che ci guardano da ogni direzione, come nell’opera L’albero memore, dove fronde nodose discendono dal soffitto, recandoci in dono cartoline ricordo, fotografie e ritagli di un passato da interpretare.

Franco Cenci, L’albero memore, 2019, photo di Antonio Giannetti
Franco Cenci, L’albero memore, 2019, photo di Antonio Giannetti

L’intimità di un nido fabbricato sull’ambiente naturale viene indagato nella sua accezione di appartenenza e identità che si estrinseca nella costruzione di una memoria, nella definizione di un confine del conosciuto, nella sicurezza del rifugio nei momenti di riposo, come nel Nido vuoto sotto la lente d’ingrandimento che accoglie all’ingresso i visitatori, nel ritratto metamorfizzato de Il signore della casa o nel raccolto e intimo All’angolo che coglie i momenti di riposo, di convivialità e di veglia di un’umanità che muta nelle sue forme antropiche.

Franco Cenci, Casa nido, 2019
Franco Cenci, Nido, 2019 e Casa Nido, 2019, photo di Antonio Giannetti
Franco Cenci, Nido, 2019, photo di Antonio Giannetti
Franco Cenci, All’angolo, 2019, photo di Antonio Giannetti
Franco Cenci, All’angolo, particolare, photo di Antonio Giannetti

L’artista ci insegna a vedere un’alterità che spinge a volare oltre i confini ambientali, insieme catturandoli in un colpo d’occhio, per percepire con maggior chiarezza i colori vividi di una realtà che il più delle volte sfugge, nella complessità e pienezza delle sue verità.

Franco Cenci, Rosso celeste verde, 2019, photo di Antonio Giannetti
Franco Cenci, Di versi, 2019, photo di Antonio Giannetti
Franco Cenci, Viamaia, 2019, photo di Antonio Giannetti

Lo spazio espositivo Casa Vuota è un luogo che preserva la memoria di chi vi ha trascorso la propria esistenza e diviene significativo e significante per il fruitore che nelle tracce di un vissuto ripercorre il proprio, riconosce e ricostruisce cornici identitarie in cui si stagliano nuovi quadri e nuove installazioni, rispettando il conservare fraterno e recondito dei ricordi che si raccolgono nelle pagine di un percorso esperienziale senza ostacolare il nuovo.

Nicoletta Provenzano

Nata a Roma, storica dell’arte e curatrice. Affascinata dalle ricerche multidisciplinari e dal dialogo creativo con gli artisti, ha scritto e curato cataloghi e mostre, in collaborazione con professionisti del settore nell’ambito dell’arte contemporanea, del connubio arte-impresa e arte-scienza.