ArteIn EvidenzaLetteraturaI codici miniati nella tradizione carolingia: alcuni illustri esempi

Ana Maria Sanfilippo28 Novembre 2021
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Nella storia dell’arte, con il termine “Rinascenza Carolingia” (o “Rinascita Carolingia”) ci si riferisce a un momento speciale, corrispondente al regno di Carlo Magno e in generale al IX secolo, entro il quale si ebbe una sostanziale rifioritura delle arti (nello specifico pittura, scultura e architettura), verificatasi all’interno del Sacro Romano Impero.

In seguito alla caduta dell’Impero Romano e al susseguirsi di guerre e lotte intestine, fu il Sacro Romano Impero che cercò di recuperare i territori perduti ponendosi come nuova guida all’interno di un’Europa divisa, cercando di ricreare nuovamente un impero nell’Europa occidentale. Già la definizione di “Sacro Romano Impero” riassume in sé la volontà di collegarsi all’Impero Romano antico, ma sostenuto dalla Chiesa e, quindi, legittimato da essa. Possiamo ricordare, in questo contesto, la famosa notte di Natale dell’800 in cui Carlo, Re dei Franchi, fu incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero da Papa Leone III a San Pietro in Vaticano.

L’attitudine attraverso la quale Carlo Magno cominciò a promuovere un determinato tipo di arte imperiale rientrava sempre in questa volontà di riconoscersi in una specifica tradizione, ponendosi in continuità con essa. Proprio per questo, una grande attività di recupero dei testi antichi greci e latini, e uno studio – anche architettonico e tecnico – delle principali capitali antiche fu portato avanti durante l’intera durata dell’Impero di Carlo Magno. È proprio a questo contesto che si deve lo sviluppo, per quanto riguarda la miniatura, delle cosiddette “lettere caroline”. Si tratta della forma estetica dell’alfabeto latino che ancora oggi utilizziamo. Una serie di libri miniati merita, effettivamente, una particolare attenzione.

Prendiamo, ad esempio, la Dichiarazione di Pipino il Breve come Re d’Italia nel 782 (è bene ricordare che Pipino il Breve fu padre di Carlo Magno). Notiamo come la composizione risulta essere decisamente rigida e senza alcun tipo di profondità suggerita. I personaggi sono disposti nello spazio quasi in modo arbitrario.

Dichiarazione di Pipino il Breve come Re d’Italia nel 782, Modena, Biblioteca capitolare, ms. O. I. 2, c. 154v, VIII secolo

Completamente diverso è il risultato a cui arrivò, invece, lo “scriptorium” di Aquisgrana (capitale del Sacro Romano Impero) verso la fine dell’VIII secolo. Ne è un illustre esempio l’Evangelario dell’Incoronazione, connotato da una qualità completamente diversa in confronto all’esempio modenese. Qui, le pagine principali mostrano i quattro evangelisti al lavoro sui propri scrittoi durante la stesura dei Vangeli.

Evangelario dell’Incoronazione, Vienna, Kunsthistorisches Museum, fine dell’VIII secolo. Vediamo qui dei dettagli di diverse pagine nelle quali osserviamo l’accurata resa dei panneggi e, più in generale, un’attenzione naturalistica alla composizione

Queste figure occupano interamente la pagina ed è evidente come l’autore conoscesse la tecnica pittorica e miniaturista adatta per rappresentare in modo empirico, illusionistico, ma convincente, un’idea di profondità. Anche il panneggio voluminoso della veste dell’evangelista è studiato attraverso una sapiente modulazione di luce e colore. Il tutto risulta essere più naturalistico, mentre la cornice decorativa richiama esempi romani. L’autore di questo evangelario aveva definitivamente assorbito i modelli classici e antichi.

Questo stesso linguaggio lo si può rintracciare anche nell’esempio delle Commedie di Terenzio. Anche qui troviamo riferimenti a un naturalismo di matrice antico-romana, testimoniato dalla volontà di rendere quasi tridimensionale il panneggio delle tuniche per dare plasticità alle figure.

Commedie di Terenzio, codice miniato presso Aquisgrana all’inizio del IX secolo, oggi conservato presso la Biblioteca Apostolica in Città del Vaticano

Carlo Magno voleva, quindi, che opere della classicità romana venissero copiate, come in questo caso, per trovare una continuità con il proprio Impero e, in qualche modo, giustificarlo come successore dell’antico Impero Romano.

Un ulteriore esempio della produzione carolingia di codici che si configurano quasi come un’eccezione per la loro unicità è rappresentato dai Vangeli di Ebbone, della prima metà del IX secolo. Le differenze con l’Evangelario dell’Incoronazione sono estremamente evidenti.

Vangeli di Ebbone provenienti da Hautvillers – Reims, ora presso la Bibliothèque Municipale, Épernay, IX secolo

Un’energia frenetica caratterizza la modulazione del panneggio, dando alla composizione un’impressione generale di movimento maggiore in confronto all’esempio precedente. La qualità “nervosa” dei tratti e dei colori ha portato a definire questi Vangeli come “espressionistici”.

All’interno della Rinascenza Carolingia, quindi, vediamo come il modello antico fu recuperato in modo quasi programmatico. Allo stesso tempo, altri linguaggi che si diversificano dalla moderatezza e dalla classicità dei modelli antichi cominciarono a emergere, mettendo in evidenza la presenza di uno stile più vernacolare, come nel caso dei Vangeli di Ebbone.

Possiamo, infine, ricordare che la Rinascenza Carolingia non fu l’unica “rinascita” in epoca medievale. Il X secolo, infatti, si pone in continuità con quest’esperienza, dando vita alla seconda grande epoca della Rinascenza Ottoniana. La dinastia degli imperatori ottoniani continuò questa azione di ripresa del modello antico imperiale già iniziata sotto i carolingi, con un’unica differenza: il tipo di recupero operato avveniva anche nei confronti della dinastia carolingia stessa attuando, quindi, una ripresa di modelli già mediati dalla tradizione carolingia.

Ana Maria Sanfilippo

Classe ’96, risiede in Friuli-Venezia Giulia. Laureata presso l’Università degli Studi di Udine in Conservazione dei Beni Culturali, Studi italo-francesi, si sta specializzando in Arts, Museology and Curatorship a Bologna, dove sta frequentando l’ultimo anno della magistrale. Ha partecipato all’organizzazione della mostra digitale “Trasmissione”, di cui ha co-curato anche il catalogo. Ama la letteratura, l’arte e lo studio delle lingue straniere.