L’oscurità dell’abisso si giustappone come superficie, come possibilità e realtà dell’immagine, interrogandone lo statuto autonomo, la presenza e la costanza del suo agire oltre lo sguardo dell’osservatore, nella negazione di una visibilità che ne confermerebbe l’esistenza.
La sperimentazione del duo artistico milanese bn+BRINANOVARA, composto dagli artisti Giorgio Brina e Simone Novara, nella mostra Hadal Zone a cura di Valentina Muzi, presso Spazio In Situ, attraversa metaforicamente il fondale marino, la zona adopelagica delle fosse oceaniche più profonde dove nessun raggio di luce può giungere.

Nella riproposizione di ritratti dell’arte di maniera, rigonfi ed eleganti panneggi, dalla densa e ricca presenza coloristica, si originano dalle profondità di un nero che è campo spaziale inesplorato, turbolenza temporale da cui emergono incursioni storico artistiche. Da questo fondo che ottenebra e accentua possibilità di visione, gli elementi figurali prendono corpo e al contempo si negano a una certa e definita identificazione, in una citazione e in un rimando costante di forme, frivolezze, paradossi.

Nella serie Unpredictable Ecosystem i ritratti – adombrati nella loro riconoscibilità – mettono in risalto particolari di “vanitas”, fogge e tessuti, contorsioni e cangianti cromie, appartenenti alla stravaganza manierista che stravolge regole prospettiche e proporzioni, in favore di una composizione virtuosistica e virtualistica. Come ecosistemi autonomi coabitanti nello spazio espositivo, le opere congiungono distanti unità temporali in un cortocircuito visivo, fantasmatico e sincronico. Il tempo della creazione è effuso sulla superficie in strati sottilissimi e successivi di materia, impercettibili all’occhio se non nelle tinte finissime che si susseguono nella costruzione di confini figurali. Da un abisso esplorativo prendono nuova realtà fisica i dettagli, i sedimenti culturali, le simbologie intercomunicanti tra opera e opera, in un riferimento intratestuale di codici visivi.
In questi campi dalla profondità erosiva, si dilatano prospettive, coordinate spaziotemporali e condizioni del possibile, lo sguardo si immerge in una realtà in cui rifulgono vernici acriliche dalle tonalità audaci, manipolazione e riconfigurazioni pittoriche accompagnate da installazioni scultoree fluorescenti in dialogo con lo spazio notturno, celato alla vista dell’osservatore. Come echi di materia, gli elementi scultorei simulano organismi endemici dell’ambiente abissale e forme geometriche essenziali: una vita che si ridesta, imprevedibile e mutevole, dopo l’orario di chiusura della mostra, e che modifica lo spazio interagendo nell’impenetrabilità della notte in una interazione silente e luministica.


La mostra, in linea con la ricerca dell’artist-run space Spazio in Situ, oltrepassa termini e frontiere tra virtuale e reale, tra figurazioni e astrazioni, tra vita dell’immagine e suo fruitore. L’esposizione può essere ulteriormente indagata nelle sue riflessioni teoriche all’interno del catalogo a cura di Iacopo Prinetti.

Nicoletta Provenzano
Nata a Roma, storica dell’arte e curatrice. Affascinata dalle ricerche multidisciplinari e dal dialogo creativo con gli artisti, ha scritto e curato cataloghi e mostre, in collaborazione con professionisti del settore nell’ambito dell’arte contemporanea, del connubio arte-impresa e arte-scienza.