ArteIn EvidenzaGli enigmi della “Vergine delle Rocce” di Leonardo Da Vinci

Valentina Merola16 Gennaio 2022
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Leonardo Da Vinci rappresenta la figura del genio universale. Un uomo complesso, stravagante, tra i più enigmatici del Rinascimento e conosciuto in tutto il mondo: suo è il dipinto più famoso di sempre, la Gioconda. La fama che da secoli accompagna il nome di Leonardo è quella di un uomo che in una sola vita ebbe un numero impressionante di interessi: scienziato, filosofo, architetto, pittore, scultore, disegnatore, trattatista, scenografo, musicista. Si occupò di anatomia, botanica, geologia, urbanistica, progettò macchine da guerra e persino studi sugli aerei. Insomma, nessuno al mondo sapeva più di Leonardo.

Leonardo Da Vinci, Autoritratto, 1515 circa, Biblioteca Reale, Torino

Nato nel 1452 a Vinci, cominciò a frequentare la bottega del Verrocchio, a Firenze, all’età di diciassette anni. Leonardo non ebbe un’istruzione regolare, e mostrò ben presto una predisposizione al disegno. Alla filosofia e alle lettere preferiva la scienza, che esplicava nella pittura: per l’artista, infatti, l’arte parte dall’osservazione diretta della natura, e dunque è un mezzo per indagare la realtà. In questo, per Leonardo, la pittura è l’arte più nobile, perché capace di rappresentare nel modo più veritiero la natura. Del resto, i disegni e i dipinti del Maestro sono ricchi di elementi naturali. Come scrisse lui stesso: «Il dipintore disputa e gareggia colla natura».

Tra il 1482 e il 1490, Leonardo arrivò a Milano, e qui la sua pittura diventò più matura, aumentando gli effetti naturalistici ed elaborando gli studi condotti a Firenze. Milano fu la sua seconda patria, e divenne l’artista principale alla corte di Ludovico il Moro. Qui Leonardo studia, legge e scrive tantissimo. Ed è proprio a Milano che nel 1483 dipinse una delle sue opere più note ed enigmatiche: la Vergine delle Rocce. Di questo dipinto esistono due versioni: una al Louvre e una alla National Gallery di Londra. La prima a essere realizzata fu quella conservata a Parigi, ed è esclusivamente di mano leonardesca; la seconda, ora a Londra, è posteriore, e la paternità del Maestro è condivisa con un suo socio milanese. La storia di quest’opera è travagliata ma documentata, per cui è possibile risalire al perché dell’esecuzione di due tele con il medesimo soggetto.

Leonardo da Vinci, Vergine delle Rocce, 1483-1486 circa, olio su tavola, Musée du Louvre, Parigi

Il dipinto fu commissionato al giovane Leonardo dalla Confraternita milanese dell’Immacolata Concezione, e doveva essere collocato nella chiesa di San Francesco Grande, demolita poi da Napoleone. Nel dettagliato contratto era previsto un trittico, in cui dovevano essere rappresentati una Madonna col Bambino nella pala centrale e quattro angeli nelle due parti laterali. Per motivi a noi sconosciuti, Leonardo cambiò successivamente il soggetto della tavola, prediligendo l’incontro tra i piccoli Gesù e Giovanni narrato nella Vita di Giovanni secondo Serapione. In questa inziale versione della Vergine delle Rocce, in primo piano è visibile il gruppo di soggetti in una costruzione geometrica piramidale. Il centro è Maria, che con la mano destra protegge il piccolo San Giovanni inginocchiato verso Gesù Bambino, e con la sinistra si protende in avanti come a protezione del figlio. Dietro Gesù, un angelo con un mantello rosso guarda lo spettatore con un sorriso che è tra i più dibattuti della storia dell’arte, e con la mano indica il Battista: un gesto che preannuncia il battesimo e il sacrificio di Cristo. Ma è il paesaggio in cui si svolge la scena sacra l’innovazione più originale del quadro: l’ambientazione è quella di una grotta, con vedute di rocce e speroni che danno un senso di favolistico e affascinante mistero. Con minuzia sono caratterizzati fiori e piante acquatiche, mentre in lontananza si intravede un corso d’acqua. Come risulta dai suoi scritti, Leonardo era affascinato dall’immagine della caverna dal punto di vista scientifico, ma la grotta rappresenta anche l’utero materno: l’opera sembra allora celare il mistero dell’Immacolata Concezione e della maternità. La straordinaria bellezza dei soggetti emerge dallo sfondo, come quella dell’angelo, per il quale fece posare una fanciulla di cui si conserva il disegno alla Biblioteca Reale di Torino.

Leonardo Da Vinci, Vergine delle Rocce, dettaglio
Leonardo Da Vinci, Studio per la Vergine delle Rocce, Biblioteca reale, Torino

Seppure i colori risultino cupi, la luce è più calda e penetrante che nelle prime opere fiorentine, e questo rende l’atmosfera avvolgente. In quest’opera si può ammirare una delle grandi invenzioni di Leonardo: la tecnica dello sfumato. L’idea nasce dall’osservazione della realtà, in quanto non si può mai stabilire con certezza il confine tra luce e ombra. Leonardo elimina allora il contorno delle figure attraverso l’utilizzo del chiaroscuro, unito a pennellate con direzioni sovrapposte e sottili gradazioni di colore. In questo modo, le figure si fondono con l’atmosfera circostante e si dà l’impressione di un corpo vivente, anziché di un’immagine fissa: il risultato è di grande suggestione. Sullo sfondo è evidente l’uso della prospettiva aerea, che dà un’illusione di profondità.

Questa versione non fu mai consegnata alla Confraternita dell’Immacolata Concezione: Leonardo e i committenti non si trovavano d’accordo sui pagamenti e probabilmente sull’aspetto generale della tavola, a causa dell’ambientazione scura e dell’ambiguità dei soggetti. Dopo un lungo contenzioso legale tra l’artista e la Confraternita stessa, in una sentenza l’opera venne dichiarata ufficialmente “incompiuta”. Così, pochi anni dopo, Leonardo lavorò a una seconda versione del dipinto, di identiche dimensioni e soggetto ma con varianti stilistiche e iconografiche. Al lavoro di questa seconda opera partecipò il socio milanese di Leonardo, Ambrogio De Predis. La versione londinese fu quella effettivamente installata sull’altare di San Francesco Grande. La composizione è identica a quella della versione parigina, ma sono evidenti alcuni accorgimenti: in questo caso la Madonna appare più grande e i due bambini sono più riconoscibili tramite le aureole. La figura maggiormente modificata è senza dubbio quella dell’angelo, che non guarda più verso lo spettatore invitandolo nella rappresentazione e soprattutto non fa l’insolito gesto che nella prima versione indicava Giovanni. L’atmosfera generale è diversa, resa con una colorazione più nitida e tonalità più spente; anche la luce appare più fredda.

Leonardo Da Vinci, Vergine delle Rocce, 1494-1499 poi 1506-1508 circa, olio su tavola, National Gallery, Londra
Leonardo Da Vinci, Vergine delle Rocce, dettaglio

È quasi impossibile riassumere cosa rappresentò Leonardo Da Vinci, genio assoluto, uomo dalla mente nuova e protesa in avanti, oltre i secoli. Per questo, ci affidiamo alle parole del grande storico dell’arte Adolfo Venturi: «Nel Rinascimento unificatore delle attività umane, arte significò scienza, arte significò verità di vita: vi prese figura e grandezza Leonardo, assuntore dell’epico sforzo dell’arte italiana per la conquista dell’universale: lui che contrappose entro di sé l’ondeggiante sensibilità dell’artista alla profonda ragione dello scienziato, lui poeta e maestro».

Valentina Merola

Laureata in Didattica dell’Arte, ha conseguito i suoi studi tra l’Accademia di Belle Arti di Napoli e l’Université Paris VIII di Parigi, con indirizzo “Arts, Philosophie, Esthétique”. Appassionata di filosofia e arte, in particolare quella medievale e rinascimentale, amante di libri e vecchie cartoline.