Frammenti. Fotografie di Stefano Cigada, al Museo di Roma in Trastevere, è la prima mostra in Italia dell’artista e fotoreporter, curata da Jill Silverman van Coenegrachts, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.
Le fotografie di Stefano Cigada sono un incontro segreto che si aspetta, un attimo che arriva nel giusto tempo, quando l’occhio è pronto a catturarlo, ad eternare quell’istante purissimo che accade in una data ora di un preciso giorno, nella stagione che accorda il compimento di un accadimento magico e ammaliatore.

Il frammento scultoreo attende, in un silenzio soprasensibile, il raggio di luce e l’artista si fa portavoce di una intimità rivelata d’improvviso, in un palpito radiante che scuote la pietra di un tremito voluttuoso, a volte doloroso. La luce affiora come un bacio o una carezza, come una lama affilata che penetra ancora la ferita aperta, l’arto infranto, le membra lacere.

Cigada accoglie su di se’ e attraverso la macchina fotografica quel che resta di una venerazione, di un canto commosso tra le reliquie, un sussulto di vita che attraversa la materia traslucida e si fa respiro che passa dal marmo agli occhi del fruitore, amante ammaliato da una dedizione che risiede nello sguardo.

Nelle ventuno stampe una fragile storia affettiva si origina dalle cicatrici, dall’arcano equilibrio tra ciò che è perduto e quel che rimane, dalle giunzioni e torsioni ricomposte in cui i frammenti riportano le tracce del loro vissuto che parla una lingua di tagli e suture, di forme aggraziate di cui il tempo è l’inevitabile collante che svela ogni raffinatezza, ogni alternanza di ombre e lucentezze, ogni ricordo di corpi in perenne divenire.

L’artista conduce l’osservatore in un viaggio nei musei archeologici, sulle tracce di un passato che rivive ad ogni istante replicando in eterno l’illusione di un movimento trattenuto nell’acme dell’azione, assaporato nell’attimo pregnante, significativo e incalzante di una significazione, di una riflessione che sorprende la pietra nella sua anima più segreta.

Fratture e frammenti della statuaria classica formulano un dialogo poetico e toccante, magico e fascinoso che si scopre infinito nel suo appuntamento mistico con il chiarore del giorno, come accade all’opera del Museo Nazionale Romano nominata dall’artista Museo Nazionale Romano, Roma 9.3.2019; 11.07 i lacerti di un viso femminile corroso dal tempo, si aprono lievemente ad un colloquio intimo con il sole, fiorito tra le labbra socchiuse e nelle ombre che accarezzano le linee delicate del collo e del viso, mentre i visitatori sono testimoni indiscreti di questa apparizione.
E come Cigada stesso racconta: «Conosco statue ed orari in cui sono colpite dalla luce, con che incidenza arriva la luce secondo il calendario. Ad esempio alla Centrale Montemartini il 27 di settembre una delle mie statue preferite – il guerriero morente del tempio di Apollo Sosiano – è accarezzata per dieci minuti da un raggio di sole. Una settimana prima e una settimana dopo il sole passa oltre, e la fotografia è inutile. Solo durante quei 10 minuti succede qualcosa di magico. E quelli sono i miei dieci minuti, quelli che voglio acciuffare».

Nicoletta Provenzano
Nata a Roma, storica dell’arte e curatrice. Affascinata dalle ricerche multidisciplinari e dal dialogo creativo con gli artisti, ha scritto e curato cataloghi e mostre, in collaborazione con professionisti del settore nell’ambito dell’arte contemporanea, del connubio arte-impresa e arte-scienza.