ArteIn EvidenzaFissare l’istante: Giuseppe De Nittis e Claude Monet a confronto

Valentina Merola5 Dicembre 2021
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Nel 1867 il pittore Giuseppe De Nittis arrivò a Parigi e divenne l’italiano più parigino di tutti, «plus Parisien que tous les Parisiens». Nato a Barletta, napoletano di adozione e di cultura, il suo spirito di scoperta lo portò appena ventunenne nella capitale francese, dove poi si trasferì definitivamente, attirato dal turbinoso ambiente culturale della città. De Nittis si ambientò da subito e tradusse nelle sue tele la vita intensa di una Parigi in movimento, la sua società e la sua eleganza. Ispirato dal cambiamento che in quegli anni si respirava nel mondo dell’arte, partecipò alla prima mostra sull’Impressionismo nello studio del fotografo Nadar, al 35 di Boulevard des Capucines. La presenza dell’artista in tale occasione testimonia l’adesione al nuovo movimento artistico capeggiato da Claude Monet. Ogni tentativo di analizzare l’Impressionismo come stile pittorico deve cominciare dal suo primo maestro, la cui arte è la definizione più diretta della nuova espressione artistica. De Nittis ammirava indubbiamente il caposcuola francese, tanto che acquistò alcune sue tele, e di certo osservava e conosceva i soggetti più cari al gruppo degli impressionisti, come quello della colazione in giardino.

Giuseppe De Nittis, Colazione in giardino, 1884, olio su tela, Museo Civico, Barletta

Colazione in giardino è da molti riconosciuto come il capolavoro finale di De Nittis. Nel giardino della sua casa parigina, la moglie Léontine e il figlio Jacques terminano la colazione seduti intorno a un tavolo, mentre in primo piano una sedia spostata indica che il pittore si è appena allontanato e volge lo sguardo verso la famiglia, in un attimo impresso per sempre sulla tela. Un istante in pieno stile “en plein air”, dove la tovaglia, le porcellane, i cristalli riproducono un gioco di trasparenze e riflessi che donano luce ai dettagli, resi con un tocco delicatissimo. L’equilibrio tra l’ombra delicata che copre le due figure e il resto del giardino assolato, in una luce calda e con colori intensi, proiettano il fruitore in un momento felice, fatto di intimità e serenità familiare. L’attenzione al colore e alla natura deriva dal suo retaggio italiano, un retaggio che non abbandonerà del tutto, mantenendo un’impronta propria e non aderendo stilisticamente mai completamente al gruppo francese. Nel realizzare questa tela è però evidente il debito nei confronti dell’omonima opera di Monet, compiuta nel 1873.

Claude Monet, Colazione in giardino, 1873, olio su tela, Musée d’Orsay, Parigi

L’opera di Monet presenta la stessa intima atmosfera di casa, all’aperto, con un cromatismo caldo e luminoso e una luce naturale. In primo piano troviamo un carrello di vimini, poi un tavolo non ancora sparecchiato con gli oggetti utilizzati per la colazione; una borsa e un ombrello giacciono su una panca, ricca di riflessi, come quelli presenti nella tela di De Nittis. E anche qui Jean Monet, figlio del pittore, gioca riparato dall’ombra, mentre sul fondo due donne parlano tra loro. L’arte di Monet coincide esattamente con il momento in cui l’immagine visiva coglie il mondo che indaga, e riflette gli scenari che si aprono davanti agli occhi. La sua predisposizione alla percezione diretta lo indusse a voler fissare i mutevoli cambiamenti atmosferici e le sue impressioni in modo rapido; allora mutò le pennellate, i tocchi, le tavolozze, e nacque l’Impressionismo. Nel marzo del 1888 scrisse Fénéon in un articolo per La Revue indépendante: «Claude Monet è un pittore spontaneo. Il termine impressionistico fu creato per lui e gli si adatta più che a chiunque altro».

Ad ogni modo, De Nittis non dimenticò mai Napoli, e vi tornò più volte. Nel 1872 dipinse una “serie”, una sessantina di dipinti che immortalano l’eruzione del Vesuvio; è questo un altro tratto che ha in comune con Monet, e cioè lo studio di un singolo soggetto in diversi momenti del giorno o dell’anno. I francesi conoscevano la serie di De Nittis, in quanto egli stesso decise di esporre due dei suddetti dipinti alla prima mostra del gruppo impressionista.

Giuseppe De Nittis, Eruzione del Vesuvio, 1872, olio su tela, Boscoreale, collezione privata

Le pennellate sono rapide, ampie e vogliono creare un effetto di indefinito, con dense nubi, ceneri e vapori che invadono la tela con colori grigi o bianchi sporchi. Quelle di De Nittis sono annotazioni dei mutamenti del Vesuvio in momenti diversi, con inquadrature dinamiche e varie. Le successive “serie” di Monet saranno invece alla ricerca dell’istantaneità. La più imponente è un ciclo di ventisette anni che celebra il tema delle Ninfee di Giverny. Ne dipingeva continuamente, una tela dopo l’altra, per cogliere i mutevoli effetti cromatici e luminosi, affermando: «Non riesco a dormire per causa loro. Di notte sono continuamente ossessionato da ciò che mi sforzo di raggiungere».

Claude Monet, Série des Nymphéas, Reflets verts, dettaglio di sinistra, 1914-1926, olio su tela, Musée de l’Orangerie, Parigi

La superficie dello stagno è definita dalla disposizione delle ninfee, rese con enormi pennellate; col tempo, il gesto tenderà a semplificare i fiori, che assumeranno forme rarefatte, cogliendone per lo più il colore. A differenza della serie napoletana, il punto di vista è fisso, con una scomposizione delle forme e della luce, protagonista assoluta.

Perché trattare De Nittis e Monet, mettendo a confronto alcune delle loro opere? La risposta è da inserire in una riflessione più ampia, secondo la quale è inevitabile che in una stessa cerchia culturale ci siano delle influenze, circostanza di cui un occhio attento non può non tenere conto. Una cerchia culturale, quella di cui entrambi facevano parte, che portò un cambiamento tale da rendere Parigi il centro del panorama artistico europeo.

Valentina Merola

Laureata in Didattica dell’Arte, ha conseguito i suoi studi tra l’Accademia di Belle Arti di Napoli e l’Université Paris VIII di Parigi, con indirizzo “Arts, Philosophie, Esthétique”. Appassionata di filosofia e arte, in particolare quella medievale e rinascimentale, amante di libri e vecchie cartoline.