CinemaPrimo Piano“El Camino”, il film di “Breaking Bad”: ne avevamo davvero bisogno?

Bianca Damato3 Novembre 2019
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I fan erano in delirio. Lo volevano come si vuole l’acqua quando si è nel deserto. Dopo sei anni dalla fine di Breaking Bad, la serie tv creata da Vince Gilligan che ha riscosso un enorme successo, è approdato su Netflix il film sequel della serie. Si intitola El Camino e racconta le avventure di Jesse Pinkman, uno dei protagonisti dello show, dopo le vicende avvenute nel finale di Breaking Bad.

Al termine della serie che ha vinto svariati premi, tra cui ben sedici Emmy Awards e due Golden Globe, avevamo assistito alla morte di Walter White alias Heisenberg, che era tornato per chiudere i conti con la malavita, la moglie e per aiutare – un’ultima volta – il suo compagno di avventure, l’amico-nemico Jesse. Eppure di Jesse non sapevamo quale fosse il destino che lo attendeva una volta liberato dalla prigionia. Da qui nasce l’idea di El Camino, che vuole proprio riprendere le fila del discorso. E infatti il film si apre con Jesse a bordo della El Camino rubata a Todd, uno dei suoi carcerieri, che – in un mix tra felicità e tristezza – può finalmente fuggire e cercare la pace e la libertà tanto agognate. Tra varie vicissitudini, incontri particolari, ostacoli e vecchi escamotage da criminale, Jesse riuscirà a scappare in Canada. Pur sapendo di non poter in alcun modo cancellare il passato e dunque tutto quello che è avvenuto con Walter al suo fianco, Pinkman tenterà adesso di cambiare il futuro.

Ma la domanda da cento milioni di dollari riguardo El Camino è: ne avevamo davvero bisogno? Sì, è vero, la serie televisiva aveva di fatto lasciato un finale aperto, in cui molte domande non avevano trovato risposta, risposte che però il film non riesce a soddisfare appieno. Il lungometraggio ha una struttura che non porta a grandi novità o eventi eclatanti all’interno della storia, che anzi è molto statica e si prende il suo tempo, forse troppo. È un film molto introspettivo, tutto concentrato su Jesse e sulle riflessioni che lui stesso compie sulla vita. In particolare il suo rapporto con i genitori, con Walter e anche con i suoi carcerieri, soprattutto Todd che lo tortura a livello psicologico.

Dobbiamo ammettere che Jesse Pinkman è l’unico personaggio di Breaking Bad che non aveva avuto una degna conclusione o comunque un approfondimento, e questo i fan lo chiedevano da tempo, soprattutto quelli rimasti insoddisfatti dopo la fine della serie. Va aggiunto poi che molti personaggi secondari hanno in seguito trovato il loro spazio in Better Call Saul, la serie spin-off, sempre creata da Vince Gilligan, che è giunta alla quinta stagione e continua a riscuotere un grande successo di pubblico e di critica. Ma, appunto, non Jesse. Proprio per questo il film è totalmente incentrato su di lui, sulla sua decisione di intraprendere un viaggio, o meglio un cammino a bordo della sua El Camino.

Si tratta, dunque, di un saluto a un personaggio, un omaggio, che però non aggiunge e non toglie nulla alla storia che già conoscevamo. Attraverso questo film, che risulta essere un po’ superfluo, il regista e creatore voleva fare un regalo ai fan che reclamavano da tempo un chiarimento sul personaggio di Jesse. Siamo di fronte, quindi, a un’autocelebrazione, ben fatta da un punto di vista tecnico e stilistico, ma che non conduce in nessuna direzione. Un’operazione “nostalgia” che però, a differenza di altri simili esempi, non trova una sua forza o un tratto distintivo che le permettano di spiccare.

Sicuramente El Camino paga l’assenza di Walter White (compare solo in un flashback, di scarso rilievo),  che era il perno assoluto della serie. La sua ascesa criminale, da semplice professore di chimica a boss della droga, era la storyline che aveva fatto innamorare il pubblico di Breaking Bad. Jesse è sicuramente un personaggio altrettanto importante, perché senza di lui la caratterizzazione e il percorso di Walter non sarebbero stati descritti a dovere. Però Pinkman non supera la prova da solo, non riesce a tenere lo schermo in solitario. Insomma se si ha nostalgia della serie che ha cambiato il modo di scrivere, girare e produrre la serialità in America e nel mondo, forse è meglio andare a rivedere i vecchi episodi su Netflix e trascorrere le domeniche a fare “bingewatching”.

Bianca Damato

Giornalista, è nata a Benevento ma ha sempre vissuto a Roma. Ama viaggiare ma più di ogni altra cosa adora il cinema. Nel tempo libero va a teatro e non si perde mai un gran premio di MotoGP.