LetteraturaPrimo Piano2020: l’anno di Raffaello o l’anno dei draghi di Raffaello?

Leonardo Reali15 Marzo 2020
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Avrebbe dovuto essere l’anno di Raffaelo, questo 2020, iniziato da poco ma da subito presentatosi sotto i peggiori auspici. Urbino e le Marche si erano preparati da mesi all’evento e a Roma, presso le Scuderie del Quirinale, era stata allestita una mostra che non ha ancora potuto aprire al pubblico. Eppure – malgrado tutto – questo è e resta l’anno di Raffaello, l’artista sul quale si è posato il manto della perfezione, che forse gli ha nuociuto nella storiografia del Novecento, che predilige altri paradigmi come quello del genio e della follia, caratteristiche tipiche dell’artista maledetto. Ma Raffaello, insieme a Leonardo e a Michelangelo, ha segnato indelebilmente l’epoca rinascimentale. Anche le case editrici, insieme a musei e città native o di adozione, si preparano – dunque – a celebrare l’artista. La Arbor Sapientiae ha dedicato diverse pubblicazioni all’Urbinate: qui ci si vuole soffermare sul libro Raphael da Urbino pittore di draghi, scritto da Emiliano Ventura (con Maria Elisa Garcia Barraco).

Raffaello, San Giorgio e il drago, olio su tavola, 1505, National Gallery of Art, Washington

Il discorso del pittore di draghi porta con sé la tradizione dell’eroe uccisore di mostri; il testo non è un lavoro di critica d’arte ma utilizza il dipinto di Paolo Uccello San Giorgio e il drago come punto di partenza per un’analisi mitico-letteraria delle fonti tradizionali e sull’artista. Un agile resoconto storiografico delle fonti classiche, cristiane e medievali del drago e dell’eroe sauroctono ci introduce nella zoologia fantastica del drago, un terreno che Raffaelo doveva aver conosciuto nel momento in cui si dovette cimentare con il santo uccisore di mostri.

Paolo Uccello, San Giorgio e il drago, 1460 ca., National Gallery, Londra

Il lettore, però, non si aspetti atmosfere fantasy; le fonti sono rispettate e presentate con rigore filologico e con un ritmo narrativo. Così scopriamo che il drago attacca gli elefanti e ha come nemico la pantera odorosa, così come è riportato da Plinio il Vecchio a Isidoro di Siviglia o nei vari bestiari medievali. Come ricorda l’autore, il drago – se ben argomentato – non è meno reale del cavallo; così scopriamo che in esso si trovano i quattro elementi (acqua, terra, aria e fuoco), che sono poi gli stessi presenti nella spada o nella lancia con cui di solito viene sconfitto.

Scopriamo che il drago è la misura dell’eroe ed è anche un confine – o un limite – che, grazie all’eroe, viene superato. Al mutamento di una cultura, al transito dalla paganità dell’era classica alla cristianità, cambia la sintassi e la semantica della retorica; l’eroe diviene un santo e il drago da limite o misura assume il significato del male. Ogni volta in cui si deve affrontare una crisi, una guerra o un’epidemia, la retorica dell’eroe sauroctono torna sotto forma diversa; magari il santo si confonde con il cavaliere o ne assume entrambi i connotati, come in San Giorgio. Il testo, fondato su uno stringente rigore filologico, ha il merito di essere ricco di spunti interessanti: nasce come un omaggio all’artista Raffaello, nel quinto centenario della morte, ma finisce per essere anche una chiave interpretativa della ricorrente – e attualissima – retorica dell’eroe.

Leonardo Reali

Un giorno ho incontrato i libri. E non ho più avuto bisogno di altro.