Non molti sanno che Raffaello – oltre ad essere pittore, architetto, archeologo e cartografo – fu anche un poeta. Ed è proprio questa particolare qualità del sommo artista il centro di un recente libro (108 pp., 15 euro) pubblicato dall’editore Arbor Sapientiae: si tratta di una nuova edizione dei sonetti autografi raffaelleschi, curata da Ginevra Latini, che presenta un ampio apparato critico con nuove prospettive di lettura sia sull’intero corpus che sulle varianti d’autore. Raffaello, infatti, seppe rielaborare la migliore tradizione poetica petrarchesca e scrivere dei versi in modo estemporaneo sul recto e sul verso di alcuni cartoni preparatori per gli affreschi della stanza della Segnatura, databili al 1509: sonetti di prima stesura emendati lì per lì, in modo veloce, in cui riprendeva le caratteristiche stilistiche proprie della materia amorosa con alcuni motivi originali legati all’introduzione di aspetti più carnali. Non sapremo mai se lo fece per esercitarsi in una sorta di rimeria cinquecentesca o per fissare effettivamente dei sentimenti provati nei confronti dell’oggetto del suo amore. Partendo dall’analisi dello stato degli studi sui versi di Raffaello, l’autrice propone una nuova edizione dei sonetti e delle loro varianti, puntualmente accompagnati – a piè di pagina – da un apparato con analisi contenutistica, notizie filologiche, varianti d’autore e rimandi letterari più o meno espliciti. La lettura, senza di esso, non è facile e immediata a causa delle incertezze di grafia e sintassi dovute alle fluttuazioni della lingua cinquecentesca. Un esempio è la ricorrenza di «pensier/penser/pensir», le cui differenti varianti si presentano spesso all’interno dello stesso sonetto.

Ginevra Latini delinea, nell’introduzione della pubblicazione, un ampio quadro storico, artistico e letterario volto a rintracciare le radici culturali di Raffaello. La sua disamina parte dalla tenera età: il piccolo Raffaello crebbe con un poeta in casa, il padre Giovanni Santi, che scrisse una Cronica rimata insegnando inevitabilmente al figlio l'”arte del dir per rima”. Successivamente l’urbinate manifesta molti interessi letterari nelle sue lettere e frequentando le grandi corti: entra in contatto, ad esempio, con Ludovico Ariosto e Pietro Bembo e diventa amico di Baldassare Castiglione. Inoltre, nel periodo della composizione dei Sonetti, legge le rime del Petrarca e il Morgante del Pulci.
Componendo sonetti mentre si dedica ai disegni preparatori per la Disputa del Sacramento, il celebre dipinto ospitato nell’altrettanto famosa Stanza delle Segnatura, Raffaello mette in pratica il dettame oraziano dell'”ut pictura poesis”. Chiedendo aiuto ai poeti per la materia pittorica, Raffaello inizia spontaneamente a favorire la commistione delle due arti e si può ipotizzare che gli giunga proprio da qui l’idea di cimentarsi nella scrittura. I sonetti sono di carattere amoroso e sono dedicati a una donna a noi ignota. Spicca il carattere focoso del giovane amante che non riesce a controllare la sua passione irrequieta e divampante. Tuttavia l’amata chiede che il loro amore sia tenuto in segreto e genera così in Raffaello un bisogno di esprimersi che viene costantemente trattenuto. Si crea in lui un “dissidium” petrarchesco: l’amore è crudele ma allo stesso tempo è il suo unico nutrimento.

Leonardo Reali
Un giorno ho incontrato i libri. E non ho più avuto bisogno di altro.