CinemaPrimo PianoIl fascino del lieto fine: dopo quasi trent’anni, “Pretty Woman” si conferma un film intramontabile

Bianca Damato18 Luglio 2019
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L’anno prossimo il film Pretty Woman festeggerà i trent’anni dall’uscita nelle sale. Era infatti il 23 marzo 1990 quando questa commedia romantica veniva proposta per la prima volta al pubblico e da allora non ha mai smesso di raccogliere consensi. Considerata da sempre, tanto dal pubblico quanto dalla critica, la commedia romantica per eccellenza, un vero e proprio cult, il film porta con sé tanti aneddoti e curiosità.

Girato con un budget di 14 milioni circa, la pellicola fu un enorme successo di botteghino, arrivando a incassare quasi 500 milioni di dollari in tutto il mondo. E pensare che la scelta degli attori fu molto lunga e che Julia Roberts e Richard Gere (le cui carriere devono molto a questo film) non rappresentavano la prima scelta dei produttori e del regista. Per il ruolo maschile era stato provinato Al Pacino e sembra che una stesura del copione era stata realizzata proprio per lui, ma i provini non convinsero fino in fondo Garry Marshall, il regista del film. Venne allora contattato Richard Gere, il quale si mostrò dubbioso sul ruolo e sul tipo di copione, considerato troppo melenso: come confermato da Julia Roberts in un’intervista, fu lei a convincerlo ad accettare la parte, tramite un messaggio lasciatogli su un post-it. Per la scelta del ruolo femminile erano state prese in considerazione le già affermate Michelle Pfeiffer e Meg Ryan, ma il regista decise di puntare tutto sull’allora 21enne Julia Roberts, una stella non ancora sbocciata, anche se reduce dal successo del film Mystic Pizza. E va detto che buona parte del successo e della riuscita di Pretty Woman sta proprio nella scelta della coppia protagonista. I due attori dimostrano sullo schermo una chimica davvero forte e danno vita ai personaggi in maniera impeccabile, rendendo la favola “in salsa Cenerentola” assolutamente credibile.

Altra curiosità che riguarda il film è il finale. L’aneddoto è stato raccontato proprio da Julia Roberts, che ha rivelato come il primo copione prevedeva una storia molto più cruda e “dark”, assai lontana quindi dal tenore romantico e sognatore che caratterizza il film. Innanzitutto Vivian – il personaggio interpretato dalla Roberts, che di mestiere fa la prostituta – veniva dipinta come una tossicodipendente e, nel finale, non riusciva a coronare il suo sogno d’amore con Edward (Richard Gere), il quale la rifiutava gettandola dalla macchina e tirandole addosso i tremila dollari di ricompensa per i suoi servigi. La trama venne poi radicalmente cambiata perché era stata rilevata da un marchio di produzione della Disney che, per rimanere in linea con i suoi prodotti, decise di alleggerire i toni della storia, trasformandola in un racconto a lieto fine.

Possiamo dire che anche questa è stata una scelta azzeccata, perché il grande successo di Pretty Woman lo si deve proprio alla trama, una storia di riscatto sociale, raccontata con toni favolistici e, perché no, a tratti anche surreali. La trasformazione di Vivian da prostituta di Beverly Hills, che indossa altissimi stivali di pelle, a signora dell’alta società, ben vestita ed elegante, è emblematica. Lei scopre una vita totalmente diversa dalla sua e vi si riconosce, lui – d’altro canto – capisce che dietro a quegli stivali di pelle c’è una donna di sostanza, intelligente e soprattutto con dei sentimenti. Edward è un cinico uomo d’affari, che acquista società sull’orlo del fallimento per poi rivenderle a prezzi convenienti; è assorbito dal suo lavoro e non capisce le persone che lo circondano. Sarà Vivian ad aprirgli gli occhi e a fargli capire che oltre al denaro c’è altro, ma soprattutto che il suo modo di guadagnare è moralmente scorretto tanto quanto il mestiere della prostituta: «In pratica entrambi fottiamo il prossimo di mestiere», dirà la protagonista.

Tutti questi elementi, insieme a una colonna sonora memorabile e a splendidi costumi, rendono Pretty Woman un film inossidabile, il cui successo non è ancora oggi tramontato. A dimostrarlo l’elevato tasso di ascolti che la pellicola ottiene ogni volta che viene trasmessa in televisione. Lo scorso primo luglio, per esempio, in Italia il film ha festeggiato la ventisettesima messa in onda su RaiUno, superando il 17% di share, con oltre tre milioni di telespettatori. Perché scegliere di rivedere il film? Perché è un inno all’amore, alla vita e alla libertà: per questo, anche se ormai conosciamo a memoria le battute, non ci stancheremo mai di rivederlo ancora una volta e, chissà, magari anche di commuoverci.

Bianca Damato

Giornalista, è nata a Benevento ma ha sempre vissuto a Roma. Ama viaggiare ma più di ogni altra cosa adora il cinema. Nel tempo libero va a teatro e non si perde mai un gran premio di MotoGP.