L’assurdo dell’esistenza: questa la ragione dell’estraneità che porta l’eroe Meursault – protagonista del romanzo Lo straniero di Albert Camus – ad assistere al funerale della madre, morta in un ospizio, senza dimostrare il dolore che tutti si aspetterebbero da lui, a intrecciare una relazione con Maria, ma senza farsi coinvolgere in implicazioni sentimentali e, ancora, a uccidere senza alcun motivo un uomo, durante una giornata al mare. Il protagonista è “straniero” alla realtà, di qui il titolo del romanzo; un’estraneità dapprima inconsapevole, poi invece cosciente al punto da individuare nei principi che regolano la giustizia – e che, durante il processo per l’omicidio commesso, gli contestano come aggravante l’indifferenza – una “normalità” benpensante che non è altro che mancanza di consapevolezza dell’assurdo.
L’estraneità è talmente evidente che perfino l’impianto narrativo della prima parte ne è condizionato: Meursault narra le vicende in prima persona ma senza rivelare il perché delle sue azioni, a dimostrazione del fatto che non sente e non pensa nulla. Tale impianto muta nella seconda parte in cui, invece, il protagonista ci propone le sue riflessioni e i suoi sentimenti. Emergono, quindi, le ragioni profonde dell’estraneità al mondo: quel che rende assurda la vita è la prospettiva della morte. Come il protagonista de La Nausea di Jean-Paul Sartre, egli riesce a vedere quel che agli altri sfugge e, conseguentemente, regola la sua condotta in un modo che lo rende diverso – un mostro – agli occhi degli altri. Condannato a morte, il dialogo con il cappellano del carcere ne riassume la risoluzione. Quest’ultimo rappresenta la visione comune, con tutte le giustificazioni che si costruisce e che lo aiutano a dare senso all’esistenza, cui Meursault contrappone la capacità di affrontare la morte svuotato di ogni speranza.
Camus riprenderà i temi affrontati ne Lo straniero in un saggio filosofico, Il mito di Sisifo: come l’uomo deve prendere coscienza dello scacco inevitabile cui va incontro nel cercare di trovare un senso alla realtà, così l’eroe mitico spinge il masso in cima al colle pur sapendo che rotolerà nuovamente in basso.

Monica Di Martino
Laureata in Lettere e laureanda in Filosofia, insegna Italiano negli Istituti di Istruzione Secondaria. Interessata a tutto ciò che "illumina" la mente, ama dedicarsi a questa "curiosa attività" che è la scrittura. Approda al giornalismo dopo un periodo speso nell'editoria.