ArtePrimo PianoTra sacro e profano: l’Epifania nella pittura italiana del XV secolo

Anna D’Agostino2 Luglio 2022
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Uno dei soggetti più ricorrenti nella pittura italiana del XV secolo è l’Adorazione dei Magi, ossia l’Epifania, il momento in cui Cristo appena nato annuncia pubblicamente agli uomini la sua venuta. L’incarnazione del Messia, che porta a compimento le Sacre Scritture, si offre agli uomini non solo come lieta novella, ma anche come esibizione del proprio corpo, come Eucarestia, prefigurazione della Passione e della Redenzione.

L’episodio dei Magi è narrato dall’evangelista Matteo (Mt. 2, 1-12): i tre re, guidati da una stella, giunsero dall’Oriente a Betlemme per rendere omaggio al neonato Gesù, portando in dono oro, incenso e mirra. Già a partire dal Duecento diverse confraternite e compagnie religiose devote al Corpus Domini, all’Incarnazione, all’Ostia consacrata, si servirono del tema dell’Adorazione dei Magi come immagine simbolo.

Nel tardo Medioevo è frequente in particolare la raffigurazione della scena dell’Adorazione dei Magi come pala d’altare, arricchita di elementi narrativi: capanne o rovine costituiscono l’ambiente architettonico, mentre sullo sfondo vengono raffigurati paesaggi (con la sagoma di Gerusalemme o un tempio in lontananza) all’interno dei quali trova posto anche il viaggio dei Magi, il cui corteo – dai costumi incredibilmente sontuosi – si sviluppa in lunghe processioni. Spesso il più anziano dei Magi è raffigurato in ginocchio davanti al Bambino.

Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi, 1423, tempera su tavola, 300 x 282 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi

Oltre i motivi devozionali, già verso la fine del Trecento contribuirono alla fortuna del soggetto ragioni di carattere politico: il Cristo dell’Epifania non si palesa, infatti, a uomini qualsiasi ma ai potenti della terra, ai re; i quali d’altronde, rendendo omaggio alla divinità, vengono a loro volta riconosciuti come sovrani. In tal modo si attuava una reciproca legittimazione di potere, divino e terreno. Ebbene, è per questo motivo che all’epoca delle corti erano proprio i signori locali, spesso sprovvisti di un’investitura ufficiale, a prediligere le rappresentazioni di questo tema, cogliendo anche l’occasione per farsi rappresentare, con il proprio fastoso e festoso seguito, nelle vesti dei Magi. In tal modo si assiste, sin dagli straordinari e indimenticabili esempi gotico-cortesi di Lorenzo Monaco, Gentile da Fabriano e Benozzo Gozzoli, a un progressivo spostamento d’interesse dall’evento sacro al corteo profano dei re.

Benozzo Gozzoli, Viaggio dei Magi, parete orientale, Corteo del mago Baldassarre, 1459, affresco, Firenze, Palazzo Medici-Riccardi

É a Firenze, la cosiddetta “culla del Rinascimento”, che i Medici venivano inseriti nelle Adorazioni che ornavano gli altari delle chiese fiorentine; ed erano sempre alcuni esponenti della casa Medici che il 6 gennaio, durante la festa dell’Epifania, prendevano parte alla famosa “cavalcata”, una sorta di sacra rappresentazione per le strade della città, organizzata ogni anno dalla confraternita laica dei Magi, con sede nel convento di San Marco, fatto ricostruire da Cosimo il Vecchio.

L’artista mediceo che si cimentò più volte nel tema dell’Adorazione dei Magi fu Alessandro Filipepi, meglio conosciuto come Sandro Botticelli, il quale – intorno al 1475 – realizzò forse la sua più celebre e significativa opera con questo soggetto, commissionata da Guasparre di Zanobi del Lama, un funzionario amministrativo dei Medici, per la sua cappella funeraria in Santa Maria Novella, dedicata proprio all’Epifania.

Sandro Botticelli, Adorazione dei Magi, 1475, tempera su tavola, 111 X 134 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi

In questo dipinto, all’interno di una capanna diroccata, la Vergine con il Bambino sono collocati in secondo piano, ma in posizione elevata, e costituiscono l’asse intorno al quale si scalano a semicerchio le figure degli astanti. Fra queste vi sono i personaggi illustri della corte medicea: Cosimo il Vecchio, nei panni del re più anziano che, con la veste nera ricamata d’oro, si inginocchia ai piedi di Gesù; i suoi figli Piero il Gottoso e Giovanni si riconoscono rispettivamente nel re genuflesso al centro, di spalle, con il mantello rosso foderato d’ermellino, e nel più giovane, vestito di bianco alla sua destra. La loro posizione rispetto alla Vergine col Bambino è determinata dall’ordine di successione dinastica: Lorenzo il Magnifico, successore di Piero, con una lunga veste bianca e un cappello, è in posizione privilegiata dietro Cosimo, mentre suo fratello Giuliano è ritratto sul lato opposto, in corta veste nera e rossa e con un’espressione pensosa. Anche il committente è presente – seppur in posizione defilata – al centro del gruppo di destra, vestito di azzurro, con corti capelli bianchi, mentre guarda lo spettatore. Ma c’è un altro personaggio che volge lo sguardo verso di noi: è Botticelli che, senza prendere parte alla scena, si autoritrae in primo piano all’estrema destra.

Si tratta di un vero e proprio atto di “vassallaggio” da parte di Guasparre nei confronti dei Medici nel momento della sua massima fortuna professionale e, non a caso, egli commissionò l’opera al pittore più caro alla corte, il quale trasfigurò il tema religioso in un’apoteosi della grande famiglia.

Anna D’Agostino

Classe '93, laureata in Storia dell'Arte con una tesi in Museologia sull'arredamento dell'Ambasciata d'Italia a Varsavia dalla quale è scaturita una pubblicazione in italiano e polacco. Prosegue la ricerca inerente l'arredamento delle Ambasciate d'Italia nel mondo grazie a una collaborazione con la DGABAP del Mibact. É iscritta al Master biennale di II livello "Esperti nelle Attività di Valutazione e di Tutela del Patrimonio Culturale".