LetteraturaPrimo PianoConsigli di lettura: “Stoner” di John Williams

Giulio Valeri28 Maggio 2019
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«William Stoner si iscrisse all’Università del Missouri nel 1910, all’età di diciannove anni. Otto anni dopo, al culmine della prima guerra mondiale, gli fu conferito il dottorato di ricerca e ottenne un incarico presso la stessa università, dove restò a insegnare fino alla sua morte, nel 1956». L’incipit del romanzo dell’accademico John Williams non è dei più entusiasmanti. Leggendolo ci si chiede come una storia simile, riassunta già nelle prime tre righe, possa entusiasmare il lettore. Eppure, mentre si procede nella lettura, una strana forza induce a proseguire, ad arrivare fino all’ultima pagina per poi chiudere il libro tra le lacrime.

Si sente spesso dire che non è “cosa” ma “come” viene raccontato a essere fondamentale. I lettori e gli scrittori più attenti sanno che la verità è nel mezzo: il rischio di cadere nel bieco manierismo è sempre in agguato ma anche l’incapacità di veicolare idee e contenuti può far tracollare le più valide intuizioni. Per Peter Cameron, autore della postfazione del romanzo pubblicato in Italia da Fazi, «la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria».

John Williams lo dimostra attraverso uno stile semplice ed efficace, trasformando la storia di una vita tutt’altro che interessante in uno dei più validi romanzi nordamericani del Novecento. Stoner prima ancora che storia di resistenza si configura come storia di ribellione. Una ribellione silenziosa che il giovane William persegue cambiando le sorti di un destino che lo vorrebbe erede della fattoria dei genitori; procede con determinazione, diventando professore universitario senza dimenticare di aiutare i genitori quando gli è possibile. Alla ribellione, seguirà poi la resistenza: Stoner fronteggerà la moglie Edith e il professor Lomax, sue nemesi, che garantiranno episodi memorabili grazie a dialoghi intensi e una tensione psicologica degna del miglior thriller. Ma Stoner non è solo questo; è anche un romanzo su un amore viscerale.

 

L’amore per la letteratura, per il linguaggio, per il mistero della mente e del cuore che si rivelano in quella minuta, strana e imprevedibile combinazione di lettere e parole, di neri e gelidi caratteri, stampati sulla carta, l’amore che aveva sempre nascosto come se fosse illecito e pericoloso, cominciò a esprimersi dapprima in modo incerto, poi con coraggio sempre maggiore. Infine con orgoglio.

 

Un amore affine a quello per Katherine Driscoll, musa e fiamma che Stoner ricorderà fino alle fine in pagine dove i caratteri scompaiono grazie all’incredibile potenza espressiva raggiunta da Williams. Stoner è una narrazione sincera e appassionata che ogni lettore non dovrebbe lasciarsi sfuggire. La nuova edizione illustrata pubblicata da Fazi è un ottimo pretesto per riscoprirlo in una nuova veste. Secondo Cameron «è un libro piccolo, dalle modeste ambizioni, ma affronta ed esplora gli interrogativi più sconcertanti che ci è dato conoscere: perché viviamo? Che cosa conferisce valore e significato alla vita? Che cosa vuol dire amare?».

A lettura ultimata potrebbe capitare di chiudere dopo poche pagine il libro che si vorrebbe leggere successivamente. Non c’è da preoccuparsi se non se ne continueranno anche altri: nonostante le modeste ambizioni, questa è la forza di Stoner.

Giulio Valeri

Ha studiato lingue, suonato con vari gruppi e viaggiato dalla Norvegia alla Nuova Zelanda. Cerca storie che lo stupiscano; non importa di che genere, purché abbiano qualcosa di interessante da dire.