Nonostante ci sia già una vittima, gli abitanti di Amity frequentano ancora liberamente le spiagge. Il capo della polizia Martin Brody è sul chi va là, estremamente teso, e scruta con sospetto la superficie di quell’oceano che non ha mai amato particolarmente. Il mare significa ignoto e ignoto può voler dire pericolo. I bagnanti però si divertono, e pur nella generale sospensione della scena, per alcuni minuti non accade nulla di rilevante. Poi la macchina da presa cattura un ragazzo che gioca col proprio cane, il quale scompare. A più riprese vi sono dei passanti che occludono la visuale di Brody e gli impediscono di avere chiara la situazione, contribuendo così a creare un meccanismo scopertamente hitchcockiano di suspense. Una forma scura che si solleva dall’acqua si rivela presto la cuffia di un anziano signore. «Quel dannato cappello!», commenta Martin. E per non farci mancare nulla, una giovane coppia scherza urlando proprio di fronte al protagonista. La scena si concluderà con un secondo attacco e darà il via a Lo squalo (1975) di Steven Spielberg.
Infatti, da questo momento l’azione diventerà davvero inarrestabile perché una taglia sulla testa dell’animale attirerà cacciatori, curiosi, giornalisti e soprattutto il biologo marino Matt Hooper, che come Brody si scontrerà con l’incredulità degli abitanti e soprattutto con l’ottusità del sindaco. Ma è evidente che il film racconta soprattutto della lotta dell’uomo contro il mistero della natura, contro le sue stesse paure. Lo squalo è un classico del terrore proprio per l’iconicità della sua narrazione e per la rapidità con cui è riuscito a penetrare nell’immaginario collettivo. La realizzazione del film richiede molto più tempo del previsto; il primo mostro meccanico con cui si devono girare le scene cala a picco già il primo giorno di riprese. Spielberg deve farne costruire altri cinque parziali per i diversi momenti della rappresentazione. Il complesso di questa creatura artificiale sul set prende il nome di Bruce, come l’avvocato del regista. Alla sceneggiatura contribuisce l’autore televisivo Carl Gottlieb, e per alcuni anche John Milius, mentre per altri a quest’ultimo non andrebbe accreditato nemmeno il monologo di Quint sulla vicenda dell’USS Indianapolis che è invece da attribuire interamente all’interprete del ruolo, l’inglese Robert Shaw. Per la parte di Brody si pensa inizialmente a Robert Duvall, il quale non è però interessato e così si giunge alla soluzione di chiamare Roy Scheider, fino a quel momento noto soprattutto per Il braccio violento della legge (1971). Richard Dreyfuss come Hooper, invece, convince quasi subito.
L’idea è rivoluzionaria e riesce a fare di un annunciato b-movie un fenomeno straordinario. La pellicola si aggiudica tre premi Oscar: miglior montaggio a Verna Fields, miglior sonoro a una squadra di quattro professionisti, e Miglior colonna sonora a John Williams che da questo momento non sarà più un compositore fra tanti ma diventerà il maestro che oggi conosciamo e apprezziamo per la brillantezza e la riconoscibilità dei suoi temi. I produttori David Brown e Richard D. Zanuck, insieme alla Universal Pictures, ne produrranno un sequel solo tre anni più tardi, cui ne seguiranno altri due però con diversi promotori e molto meno successo. Oggi, 45 anni dopo l’uscita nelle sale, Lo squalo si fa ricordare e rivedere da diverse generazioni di spettatori come uno fra i più impressionanti film della storia del cinema americano e non solo. Infine, l’opera apre definitivamente le porte di Hollywood e dell’Olimpo dei cineasti all’allora ventinovenne Spielberg.

Alessandro Amato
Nato a Milano, conclude gli studi a Torino, dove continua a lavorare nell'ambito critico e festivaliero. Collabora con "A.I.A.C.E." e il magazine "Sentieri Selvaggi". Dirige rassegne di cortometraggi e cura eventi per la valorizzazione del cinema italiano. Quando capita è anche autore di sceneggiature per la casa di produzione indipendente "Ordinary Frames", di cui è co-fondatore.