Sabato 11 dicembre, alle 15, l’artist run space DISPLAY – situato nel centro storico di Parma, in Vicolo al Leon d’Oro 4/A – inaugura Camera con Vista, mostra personale di Bislacchi (Matteo Santacroce, 1995) con opere realizzate durante la partecipazione al programma VIR (Viafarini-in residence), a Milano. Ne abbiamo parlato con l’artista e con la curatrice Ilaria Monti.

Il titolo della mostra Camera con vista fa pensare a uno spazio domestico, alla presenza di finestre, a una stanza. A cosa allude davvero questo titolo?
Ilaria Monti: Il titolo della mostra racchiude un gioco di rimandi tra spazi diversi. Allude alle camere d’albergo e alle stanze che affacciano sulla città – quei luoghi intimi e privati ma ad uso pubblico che Zygmunt Bauman e Marc Augé definivano piuttosto «non luoghi» – e allo spazio espositivo di DISPLAY, che affaccia anch’esso sulla città grazie alla grande portafinestra che garantisce alla mostra una visibilità permanente. Camera con vista, infine, è soprattutto il racconto del breve soggiorno di Bislacchi a Parma, e fa riferimento alla sua personale esperienza estetica e relazionale con le opere d’arte e i monumenti osservati durante la visita alla città, che è poi diventata occasione per la produzione di opere appositamente realizzate per la mostra. Il progetto espositivo è dunque una sorta di omaggio alla città di Parma e al suo patrimonio storico-artistico, e allo stesso tempo è la cartolina di un viaggio.
Bislacchi: Ho concepito e realizzato queste opere nei miei vari spostamenti tra Londra, dove attualmente vivo e lavoro, Parma e Milano. Si tratta di una serie di cinque dipinti che continuano a esplorare la mia ricerca basata sulla natura essenziale della pittura, con un approccio di ricostruzione del quadro. Questo processo si sviluppa con la serie dei Wall of Canvas, dove utilizzo la tela non solo come materiale pittorico, ma soprattutto come elemento costruttivo per comporre il quadro. Le tele sono dipinte, arrotolate e poi disposte a formare una trama orizzontale o verticale. In questo modo, la pittura riconquista lo spazio e l’opera diventa una forma ibrida tra decorazione parietale e parete architettonica. All’interno di DISPLAY, le opere entrano in relazione con le pareti e come se fossero un altro spazio tridimensionale creano un’alternanza di pieni e di vuoti. Inoltre, esporrò anche uno dei miei lavori su carta dalla serie Wall of Paper, che riflettono lo stesso processo dei dipinti con la differenza che in queste opere è la carta ad avere una funzione costruttiva. Tutte le opere sono state prodotte durante la residenza artistica a Milano, promossa da VIR.

Nelle opere in mostra ci sono riferimenti a Correggio, a Parmigianino, al Duomo di Parma. In che modo questa “Camera con Vista” instaura un rapporto con la città?
Ilaria Monti: Se la relazione con lo spazio è il cuore della più recente ricerca di Bislacchi, le opere in mostra a Parma si aprono all’esperienza dello spazio urbano a partire da due dimensioni fondamentali: la vista e la visione. Vista, come capacità di cogliere e distinguere caratteristiche, qualità e dettagli di ciò che guardiamo. Visione, come capacità di percepire, elaborare, organizzare, astrarre, ricomporre e ricordare ciò che abbiamo guardato. A Parma, Bislacchi ha visto il Duomo e le opere di Correggio e Parmigianino presso il Complesso Monumentale della Pilotta, e tornato a Milano ha realizzato opere che conservano la sintesi di quella visione. In particolare, le opere Duomo, Di Correggio mi ricordo un muro e Dietro questo muro c’è Parmigianino sono ricordi, astrazioni e ricomposizioni che si manifestano soprattutto attraverso il colore e la struttura dei quadri. La facciata del Duomo, i cieli azzurri di Correggio, la ricchezza cromatica e l’eleganza della pittura di Parmigianino si nascondono nell’operazione estetica e concettuale messa in opera da Bislacchi.
Bislacchi: La scelta di lavorare con il territorio di Parma e con i suoi riferimenti storico-artistici è dettata dalla volontà di riconnettermi al patrimonio della mia nazione di provenienza. Vivo all’estero da poco più di sette anni e ho una formazione artistica prettamente internazionale, per questo ho voluto cercare nuovi stimoli per delle opere che avessero un sapore tutto italiano. Approfittando dei quattro mesi trascorsi a Milano negli studi del programma VIR, ho avuto modo di viaggiare e vedere personalmente i luoghi che hanno arricchito il mio lavoro. In questa mostra, oltre alle opere già menzionate da Ilaria, esporrò anche un lavoro dal titolo Selva, un omaggio a Dante nel Settecentenario della sua morte, e un lavoro dal titolo Camera, che prende il nome invece dal titolo della mostra.

Spazio, forma e colore sono alla base del lavoro di Bislacchi, e proprio parlando di patrimonio italiano la sua matrice di ricerca sembra avere una provenienza spazialista.
Ilaria Monti: Nel 1946 il primo Manifesto dello Spazialismo, il Manifesto Blanco, inaugurava un’arte di sintesi, affermando che proprio il colore è «l’elemento dello spazio», un’arte che contenesse tutte le dimensioni dell’esistenza. Oggi, ci appelliamo ancora alle categorie di astrazione e figurazione per stabilire limiti, sconfinamenti e superamenti in campo pittorico. Bislacchi guarda all’arte italiana del Dopoguerra così come al Minimalismo di Robert Morris, che attraverso il feltro esplorava la relazione tra materia-forma e spazio architettonico. Partendo dallo studio e dal confronto con queste esperienze artistiche, Bislacchi riporta la pittura ai suoi elementi essenziali: la tela, il telaio e la cornice, la cui funzione viene riconvertita fino a trasformare il gesto pittorico in azione costruttiva. Allo smembramento segue il processo di ricostruzione, da cui sono possibili nuove immagini e accostamenti inediti. Tra lo spazio e la forma, soprattutto nelle opere in mostra, il colore funziona anche come referente della cosa vista, come traccia del visibile.
Bislacchi: Sin dall’inizio della mia carriera mi sono interessato alla pittura informale e a gran parte dell’arte del Dopoguerra, soprattutto italiana. Fontana e gli spazialisti erano andati oltre il quadro, i poveristi invece l’avevano arricchito con della materia nuova. A me interessava posizionarmi tra spazio e materia. Di conseguenza, ho avvertito il bisogno di smantellare il quadro per farne qualcosa di nuovo, ripartendo da zero. Così, rimuovendo la tela dal telaio sono riuscito a darle una nuova funzione. Nel mio processo pittorico tela e telaio vengono lavorati separatamente ed è solo nel momento successivo in cui questi si congiungono che si forma il quadro. Il colore, invece, gioca una funzione diversa all’interno delle opere. Forse per me il colore è quell’elemento che riflette molto più di ogni altra cosa le mie influenze pittoriche internazionali. La mia tavolozza è sempre molto ricca di colori, mi piacciono i quadri di Peter Halley e di Sean Scully, che sono mondi di colori. Sono molto contento che la mia prima personale si tenga in Italia, questo mi fa sentire un po’ come il protagonista del libro L’Alchimista di Paulo Coelho, che dopo un lungo viaggio alla ricerca di un tesoro si rende conto della sua vera ricchezza soltanto tornando nella sua terra natale.

La mostra sarà fruibile, solo su appuntamento, fino al 29 gennaio 2022.

Redazione
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