LetteraturaPrimo Piano“Biancaneve e i sette nani”, il primo classico Disney: e vissero tutti felici e contenti

Ludovica D'Erasmo12 Dicembre 2020
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«Specchio servo delle mie brame, chi è la più bella del reame?». È la frase più famosa della storia, l’emblema del potere, la formula per antonomasia. Proprio con questa sequenza di parole, la Disney avrebbe portato sul grande schermo una delle storie più avvincenti e romantiche di tutti i tempi: Biancaneve e i sette nani. Una fiaba nata dalla sorprendente creatività dei due fratelli Jacob Ludwig e Wilhelm Karl Grimm, reinterpretata dalla macchinosa fantasia della Disney, che l’ha trasformata in un meraviglioso film di animazione, di fatto il suo primo lungometraggio. Uscito negli Stati Uniti d’America nel febbraio del 1938, arriva in Italia l’8 dicembre dello stesso anno.

Biancaneve è una giovane e bellissima fanciulla, il cui nome rivela la sua caratteristica fisica più evidente: l’incarnato bianco come la neve, simbolo di ingenua purezza. La ragazza vive con una regina, sua matrigna, che – ossessionata dall’aspetto esteriore – interpella ogni giorno il suo specchio magico, chiedendogli chi continua ad avere il primato della bellezza in quel reame. Lo specchio avrebbe ogni volta confermato la suprema bellezza della regina, fin quando, cresciuta la giovane Biancaneve, sarebbe spettato a lei tale primato. L’aspetto di quest’ultima avrebbe superato di gran lunga quello della matrigna. La quale, allora, abbagliata dalla gelosia, commissionerà a un cacciatore l’uccisione della bella fanciulla, una volta condotta nei boschi con l’inganno. Come prova dell’avvenuta morte, il cacciatore dovrà consegnare alla regina il cuore di Biancaneve (nella storia dei Fratelli Grimm, i polmoni e il fegato). Il servo, però, impietosito dalla giovane età e dalla bellezza di lei, non adempirà ai suoi incarichi, la lascerà fuggire e ucciderà al suo posto un cinghiale, dal quale quindi estrapolerà il cuore da portare in dono alla sua crudele committente. Biancaneve è ora finalmente lontana dal castello e dalla matrigna, ma la fuga nel bosco si rivela un vero e proprio presagio di morte, un’affannosa corsa verso la libertà che altera Biancaneve e la sua visione delle cose (gli alberi sono visti come creature mostruose che vogliono catturarla). La drammaticità della storia si placa improvvisamente quando la bella fanciulla raggiunge una casina immersa nella natura. Un minuscolo ritratto di serenità, una turgida e galleggiante bolla di gioia. È l’abitazione di sette piccoli ometti, i Nani, che diventeranno i compagni di vita della giovane e bella Biancaneve. La accoglieranno nella loro dimora a patto che lei si prenda cura di loro e della casa. La giovane, così, trova finalmente «il suo posto sereno nel mondo» e i piccoli Sette Nani trovano la loro mamma. La storia procede in un’amena e incantata dimensione fiabesca, fin quando la matrigna – interrogando nuovamente lo specchio – scopre che Biancaneve è viva e abita presso la casa dei Nani. Così, per una crudelissima e vendicativa stregoneria, la regina si trasforma in una vecchia contadina, che girando per i boschi si adopera a vendere le proprie mele. Tra queste, la più bella è avvelenata. Biancaneve, impietosita dalle offerte della vecchina, accetta di mordere il frutto velenoso, per il quale cade improvvisamente in un sonno profondo. I Nani, intanto, dediti al lavoro nella miniera, sono avvisati dagli animali dei boschi e corrono verso casa in soccorso della povera Biancaneve. Sconcertati dall’evento, i Sette esitano a sotterrare Biancaneve, ponendola in una teca di cristallo. Una vera salvezza, una mossa che spianerà la strada verso un dolcissimo e romantico lieto fine: un principe, già innamorato di Biancaneve, scorgerà tra i boschi il suo corpo addormentato; così, avvicinandosi a lei, le darà un bacio che si dimostrerà un vero e proprio antidoto al veleno ingerito. Biancaneve si risveglierà dal sonno profondo, circondata dall’animosa gioia dei suoi fedeli Nani e dell’intero bosco. Nella versione dei Fratelli Grimm, la giovane non sarà rianimata dal bacio del principe, bensì dall’inaspettata e del tutto casuale fuoruscita della mela avvelenata dalla bocca della stessa Biancaneve, mentre viene trasportata a palazzo dai servi del principe. Questa versione della storia non concederà, però, ai suoi lettori alcun lieto fine: dopo varie peripezie, infatti, la protagonista sarà brutalmente uccisa dalla matrigna, poco prima delle sue nozze.

Un racconto carico di significati, che la magica interpretazione della Disney ha saputo rivestire di dolcezza. Primo fra tutti, il desiderio di comunicare la differenza e, a volte, la non corrispondenza tra la bellezza esteriore e quella interiore. L’aspetto giovane e bello della matrigna, infatti, nasconde un animo malvagio, dotato di uno spirito vendicativo e vanitoso. Al contrario, la purezza interiore della protagonista si riflette sulla sua fisicità, facendola brillare all’esterno del bagliore della sua stessa bontà. La storia si fa portavoce di un insegnamento ulteriore: la pericolosità che deriva da una fiducia ingenua e non ragionata verso ciò che non si conosce. La stessa fiducia che avrebbe portato Biancaneve a impietosirsi della vecchia signora e a mordere la mela avvelenata, che le era apparsa, appunto, perfetta, la più bella tra le mele. «Ciò che appare non sempre è, e ciò che è non sempre appare»: con questa massima, breve e sentenziosa, la critica avrebbe riassunto la morale dell’intero racconto.

La storia si tinge anche di significati secondari, che si nascondono dietro la simpatica e bizzarra personalità dei Nanetti. La loro gioiosa serenità sembra essere una necessaria conseguenza della laboriosità che li caratterizza. Come a dire che avere un posto nel mondo, grazie al quale dare un senso alla vita, garantisce a ognuno la propria meritata pace interiore. Un messaggio in linea con il valore di produttività e con il concetto di “self made man”, due assi portanti della società americana, che aveva visto emergere la sua classe borghese da appena un secolo. Operosità, dunque, fa rima con felicità: i Nani vivono, infatti, gran parte della giornata in miniera, nel sottosuolo. Quella stessa terra che è propria dei germogli, delle falde acquifere e dei minerali; della vita che brulica, insomma, e si prepara a esplodere prepotente sulla superficie. I Sette Nani rappresentano anche le varie espressioni dell’esistenza, rese chiare dagli stessi nomi che li caratterizzano (Dotto, Pisolo, Eolo, Mammolo, Brontolo, Gongolo e Cucciolo) e dal numero sette, che racchiude in sé la perfezione del Creato: sette pianeti, sette giorni della settimana, così come sette sono i vizi e le virtù. Infine, nella magica rivisitazione della Disney, gli autori pongono l’accento sul potere salvifico dell’amore, che «cura, rigenera e guarisce»: un vero antidoto alle brutture del mondo. È questo il senso del bacio che risveglierà Biancaneve dal suo sonno profondo e metterà un punto romantico all’intera storia.

La Disney aveva così realizzato il suo primo lungometraggio, che in pochissimo tempo aveva già fatto il giro del mondo. Tradotto in quasi tutte le lingue, nell’anno della sua stessa uscita – il 1938 – aveva incassato 8 milioni di dollari. Gli autori della grande macchina Disney avevano iniziato finalmente a dirlo: «E vissero tutti felici e contenti».

Ludovica D'Erasmo

Fin da bambina coltiva la passione per la scrittura. I giochi di parole e le rime catturano la sua attenzione. Oggi studia Lettere moderne alla Sapienza e sulla scia di filosofi, scrittori e poeti realizza quello che, da sempre, è il suo grande sogno: scrivere un libro. Da tutto questo nasce "Rimasi". La sua scuola migliore, però, rimane il mondo campestre.