La grotta della Bàsura, situata nel comune di Toirano (SV), fu scoperta per la prima volta nel 1950 grazie all’apertura di un varco nella colonna di stalagmite che impediva sia agli uomini che agli animali di accedere ai rami interni della grotta. L’ingresso vero e proprio si trova oggi a 186 metri sul livello del mare – a circa 8 chilometri dalla linea di costa – e si sviluppa per 890 metri all’interno del monte S. Pietro.

Negli anni immediatamente seguenti la scoperta, gli scavi si concentrarono nel “Cimitero degli orsi”, uno spazio – posto a circa 300 metri dall’ingresso – in cui furono rinvenuti numerosi resti di “Ursus spelaeus”; in seguito furono portate alla luce circa 180 importantissime tracce di attività umane, soprattutto impronte, in diverse parti della grotta. All’inizio gli studiosi, in base alla morfologia e all’apparente relazione con i resti di “Orso delle Caverne”, ritennero che questi antichi esploratori fossero Neanderthal; in seguito però si scoprì, grazie alle datazioni effettuate con il metodo del radiocarbonio su frammenti di legno carbonizzato e resti ossei, che la visita alla grotta si collocava tra i 12.000 e i 14.000 anni fa.

In base allo studio delle impronte dei piedi, si è stabilito che il gruppo consisteva in due adulti, un adolescente e due bambini. Per determinare il numero minimo di individui che sono entrati nella grotta e la loro età è stato necessario confrontare, tra le altre cose, lunghezze, morfologia dell’arco plantare e divaricazione delle dita. Si è poi passato alla stima della statura, del peso e dello stadio ontogenetico, ma senza poter distinguere con sicurezza il genere. Le impronte sono conservate in diverse zone della grotta, in particolare nella camera più interna (la “Sala dei Misteri”) e nella galleria principale (detta “Corridoio delle impronte”), che si divide in due corridoi a quote diverse denominati “inferiore” e “superiore”. Data la particolare struttura dei rami della grotta, in alcuni passaggi era necessario procedere carponi, lasciando quindi delle particolari tracce sul terreno fangoso che mai in precedenza erano state documentate. In questo modo gli studiosi hanno scoperto che i visitatori non indossavano nessun indumento su braccia e gambe e procedevano scalzi usando la luce di una fiaccola in legno.

Il gruppo di esploratori comprendeva quindi un bambino di tre anni, alto circa 88 centimetri; un bambino di almeno 6 anni, alto circa 110 centimetri; un pre-adolescente – tra gli 8 e gli 11 anni – alto circa 135 centimetri; un adulto, alto circa 148 centimetri, e un altro adulto alto, della statura di circa 167 centimetri, dato ottenuto anche grazie alla misura della lunghezza della tibia derivata dalle tracce disponibili nel luogo in cui si è trovato in ginocchio. Per quanto riguarda gli adulti, questi dati riflettono la statura media delle persone del Paleolitico superiore europeo e cioè 162,4 ± 4,6 cm per i maschi e 153,9 ± 4,3 cm per le femmine. Inoltre, alcune caratteristiche hanno permesso di ipotizzare che esistesse un tratto familiare ereditato tra le impronte.

Per quanto riguarda le impronte delle mani e delle dita – ritrovate in diversi settori della grotta – si suppone che siano tracce non intenzionali, mentre i ritrovamenti nella “Sala dei Misteri” per alcuni studiosi rappresentano la prova di attività simbolica. Un’interessantissima scoperta riguarda le orme di canidi, che compaiono spesso associate a quelle umane. Non si tratterebbe quindi di lupi che inseguivano le loro prede o di fiere che abitavano stagionalmente i rami della grotta, come invece nel caso degli orsi, ma di animali addomesticati che esploravano la zona insieme agli uomini.
Per gli studiosi tutte le tracce ritrovate portano a credere che un gruppo di esplorazione sia entrato nello stesso momento all’interno della grotta, guidato dall’individuo più anziano, anche se in alcuni tratti gli individui più giovani siano corsi avanti senza mai allontanarsi troppo. Per illuminare il percorso furono bruciati fasci di “Pinus sylvestris” e “Pinus mugo”, utilizzando il sistema di illuminazione a più bacchette, per consentire un periodo di illuminazione più lungo, metodo che si dimostrò essere utilizzato fino all’età del bronzo nelle miniere di Hallstatt.

Dopo una passeggiata di circa 150 metri dall’apertura originaria della grotta e una salita di circa 12 metri, il gruppo è arrivato al “Corridoio delle impronte”, dove il soffitto scende sotto gli 80 centimetri, ragione per la quale tutti hanno dovuto inginocchiarsi e gattonare. Dopo aver superato una strozzatura di blocchi e stalagmiti, il gruppo è disceso per una decina di metri lungo una superficie in forte pendenza e ha successivamente attraversato un piccolo stagno, lasciando tracce profonde sul substrato impregnato d’acqua. Proseguendo, i membri della “spedizione” sono saliti per un pendio di 10 metri oltre il “Cimitero degli orsi” e infine sono arrivati alla “Sala dei Misteri”, dove l’adolescente e i bambini hanno iniziato a raccogliere l’argilla dal pavimento e l’hanno spalmata su una stalagmite. Dopo essersi fermati per diverso tempo, hanno lasciato la grotta seguendo un sentiero più comodo e sicuro rispetto a quello percorso all’andata.

Alice Massarenti
Nata a Mirandola, in provincia di Modena, classe ’84, si è laureata in Archeologia e storia dell’arte del vicino oriente antico e in Quaternario, Preistoria e Archeologia con una tesi in Evoluzione degli insiemi faunistici del Quaternario. Ha un’ossessione per i fossili e una famiglia che importuna costantemente con i racconti delle sue ricerche sul campo.